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PER UN PARCO DELLA SACRA DI SAN MICHELE ARCANGELO – di Franco Zagari

PER UN PARCO DELLA SACRA DI SAN MICHELE ARCANGELO – di Franco Zagari

Autore: redazione
pubblicato il 27 Gennaio 2023
nella categoria Parole

Comune di Sant’Ambrogio di Torino, Città Metropolitana di Torino. Documento finalizzato alla definizione di un Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica del Parco Terre di Sacra, Museo e Sistema di risalita meccanizzata. Gennaio 2023.

ABSTRACT
La Sacra di San Michele è un’Abbazia millenaria in prossimità di Torino, monumento di fama internazionale, ritenuto unanimemente fra i più importanti del Piemonte, per il suo prestigio di centro religioso e per la sua alta qualità architettonica e paesaggistica. Crocevia di percorsi che si irradiano in tutta Europa, è uno dei più importanti centri culturali del secondo millennio, meta di pellegrinaggi nella quale la storia dei luoghi si racconta ogni giorno in tanti segni, alcuni evidenti, altri latenti, ognuno dei quali è un mondo di scoperte. Fra questi recentemente colpisce la originalità di un volume a cura di Dario Fracchia composto da ritratti, bellissimi, della gente di qui, fisionomie che discendono da valli e picchi di montagne vicine e lontane, con il commento di forme poetiche brevi, degli haiku. La genialità di questa opera è nella capacità di evocare una sorta di statuto spirituale prima ancora che fisico, che restituisce tutto il fascino del luogo, senza mostrarlo direttamente. E ugualmente colpisce una riscrittura della Sacra, che è liberamente reinterpretata come spazio di immaginazione di due giovanissimi architetti di Parigi, Antoine Geiger e August Hijlkema, che l’hanno “riscritta” con disegni sublimi come la Biblioteca di Umberto Eco, anche questa è un gioco degli specchi dove valori e significati si rinviano a vicenda, essendo noto al lettore che Eco si è ispirato alla Sacra per Il Nome della rosa.
Da qui la mia proposta di invertire l’ordine delle priorità di intervento, di trasformare per il momento il significato più profondo dell’aspirazione alla risalita nella creazione di un luogo di accoglienza e di dialogo, di arrivo e di partenza, intimo e conviviale, aperto a una continua variazione. Non tanto quindi adottando una algida piattaforma informatica meccanizzata - idea vecchia, costosa, rigida -, quanto privilegiando processi progettuali interattivi, nei quali l’architettura, l’urbanistica, il design, il paesaggio, siano gli spartiti di una narrazione del quotidiano, e così anche la poesia, la grafica, la scrittura, che avranno un ruolo importante, dandoci una lettura e una interpretazione di un paesaggio che allo stesso tempo è nuovo e antico, cólto in alcuni momenti con lirica sicurezza beethoveniana, in altri invece, se serve, con la leggerezza e l’eleganza di un haiku.

E SE MILLE ANNI VI SEMBRAN POCHI… APPENA MILLE ANNI SONO PASSATI
Sono sicuro che mi perdonerete se vi intratterrò sul tema della valorizzazione della Sacra di San Michele Arcangelo, Abbazia benedettina millenaria presso Torino. Si tratta di un edificio imponente e slanciato allo stesso tempo, nato con la fisionomia di una austera fortezza apparentemente imprendibile, a immagine e somiglianza dell’Arcangelo guerriero, radicato in assoluta continuità fra la roccia e le mura,  affacciato in un punto particolare dove la montagna offre uno spalto panoramico in aggetto, generando quindi una ripidità quasi verticale verso la valle, unica nell’intorno, 500 metri di dislivello, mentre alle spalle l’accesso poteva essere ben protetto. Un’immagine coincidente di dominio e di difesa rende questo baluardo così caratteristico. La storia chiede alla leggenda come sia stato possibile costruire questo miracolo non essendoci stato altro dispositivo per salire fino a un tempo recente che una ripida mulattiera ed essendo l’Abbazia un’architettura che rinvia come immagine invece a grandi imprese, movimenti di uomini e di macchine, interventi che fanno pensare alle Piramidi o alla Grande muraglia. E questi interrogativi rimarranno in buona parte senza risposta. Ma la fortezza era anche un punto di riferimento accogliente, una centralità tipica di una struttura medievale, immenso era il potere di questa macchina retorica, che muoveva i quadri più preparati dell’epoca. Il suo statuto era tutt’altro che quello di uno stato di isolamento, anzi, per quanto fosse scomoda da raggiungere molti percorsi, attrezzati come vie di pellegrinaggio, si irradiarono in tutta Europa. Fra questi il più importante nasce nel 500 d.C. in un’isola impervia nell’Oceano Atlantico irlandese con un primo presidio religioso e da qui si succedono altri sei insediamenti benedettini, fino ad arrivare in Israele, nel Monte Carmelo, passando per mete che nella loro epoca hanno avuto un prestigio incredibile, che conservano tutt’ora, tutti luoghi si noti bene, che hanno una potente matrice fantastica, così su un viaggio di oltre 4.000 chilometri incontriamo il Mont Saint Michel, la Sacra, il Monte Sant’Angelo sul Gargano.
Tornando alla Sacra in effetti questa costruzione aerea e imprendibile, dove non certamente a caso Umberto Eco ha fissato l’ubicazione della Biblioteca del Nome della Rosa, scopriamo che si trova alla metà del cammino, ma la cosa che lascia stupefatti è rendersi conto che il percorso segue una linea retta quasi perfetta, una strada di angeli e di arcangeli, e allora non esistevano le conoscenze per realizzare questo disegno, anzi non esisteva neppure la possibilità di immaginarlo e la legenda non dice nulla al riguardo.

Sulla Sacra ho ancora da dire molte cose ma in particolare che gli interni sono di minore qualità degli esterni, e una responsabilità è sicuramente stata dei Savoia che tardi e male decisero di eleggere l’Abbazia come sacrario delle tombe dei re d’Italia e questi feretri fa male vederli così sparpagliati e spogliati del loro ruolo simbolico. Il modello era stato la Basilica di Saint Denis dove sono sepolti i re di Francia. Non è mai troppo tardi per rivedere i propri passi.

Questo luogo è straordinario e merita una vostra attenzione, indipendentemente dall’idea che vi sarete fatti leggendomi e anche indipendentemente da un’idea oleografica. Ma io sono stato chiamato non tanto per il monumento quanto per proporre soluzioni per risolvere la sua relazione con l’intorno, l’Unesco chiedendo garanzie su questo aspetto per completare un quadro che ne giustifichi a pieno titolo l’inserimento nel patrimonio dell’Umanità.

La valle di Susa inizia alla fine della Pianura piemontese con una vera e propria porta, sul lato sinistro in particolare il monte Pirchiriano sale a picco per 500 metri di dislivello, poi offre uno spalto panoramico, si distende con una sella alberata, e finalmente riprende la sua ascesa.

Fra il rispetto delle tradizioni costruttive e manutentive di un complesso monumentale e le sue proiezioni verso uno sviluppo futuro colto e sensibile vi è sempre stata una ricerca di equilibrio, diversamente intesa fra studiosi divisi riguardo a posizioni conservative o innovative. Questo confronto di visioni è stato particolarmente aspro nel Novecento, schierando due riduzioni sempre più radicali di difesa del patrimonio da una parte e di sostenibilità delle azioni di impatto progettuale dall’altra. La prima è un freno alla creatività, la seconda sposta i temi dalla loro comprensione a teoremi di utilità e di misura. Vi propongo questo mio punto di vista su un caso che mi appassiona, perché il progetto di paesaggio è conosciutissimo a livello internazionale, ma in fondo non molto approfondito, meno noto in Italia, come se fosse all’ombra di una protezione incrociata di istituzioni assolutamente immobiliste e silenziose. Silent movie.

ALCUNE QUESTIONI

Vi prego, amiche e amici, ditemi solo meraviglie e non altro della Sacra di San Michele, poniamoci tutti in uno stato di apertura, perché una rivoluzione urbanistica, architettonica, di design è ormai nelle cose, con conseguenze che potrebbero stupirci in termini di bellezza, di dignità del lavoro, di capacità di ascolto.

Non limitiamoci, come abbiamo fatto in questi anni, a trattare il tema dell’accessibilità come se ci occupassimo di una banale infrastruttura, la mobilità è uno dei fenomeni dell’umanità che sono più interessati in questo momento da un profondo cambiamento, che essenzialmente è di significato. In casi come quello della Sacra fattori di sicurezza, accoglienza, confort, velocità definiscono sempre più anche modalità nuove di abitare e non solo, anche di sognare di abitare. L’ipotesi di un sistema meccanizzato ha trovato forti opposizioni, ma non è qui il problema, si tratta di pensare a un‘importante componente di trasporto pubblico integrato a scala regionale, con connessione rapida con le Ferrovie dello Stato e con le autovie locali, piazze - parcheggi e percorsi pedonali attrezzati.

Il rapporto fra questo sistema e la rupe dovrà essere studiato con un forte progetto paesaggistico che interagirà con la superficie della montagna come se sopra scrivesse con leggerezza la fisionomia di un prezioso volto antico, appena sfiorandone i tratti intelligenti e decisi con la levità di -una carezza.

… Sulla Sacra dell’Arcangelo Michele tante cose sento dire, ma è come una ridondanza degli stessi argomenti che impietosamente battono e ribattono sempre uguali, in ansia, si direbbe, non sia mai, che il vero terrore non sia tanto la caduta di ogni dinamica, ma al contrario che qualcosa accada che possa rompere quell’incantesimo. Eppure è evidente che questo prima o poi dovrà accadere, scoprire la forza di quella visione più generosa, curiosa, coraggiosa che pure sappiamo agitarsi in noi.

La sacralità che qui sarebbe blasfemo turbare è l’attrazione-distacco fra l’Abbazia, la pianura ai suoi piedi e gli elementi sempre mutevoli, un clima che intimorisce o rasserena. E pensare che appena mille anni sono passati che quel desiderio ha preso forma, e da allora, lo stesso giorno del suo compimento, la grande nave di pietra è improvvisamente apparsa diafana e leggera, come fosse staccata dal suolo, solcando l’alta latitudine del Pirchiriano fra nuvole, rovesci, pioggia, grandine, neve, e poi placandosi gradualmente e alternando a questa epica violenza quiete serate d’estate e morbidi pleniluni, e mappe celesti, e soprattutto la nebbia, nella quale questa visione con ostinata continuità si presenta, perché ama nascondersi nella sua sostanza misteriosa. Si presenta con due campi polari, del “sopra” e del “sotto”, che qui liberano una tensione magnetica che il vento fa spesso vibrare come il canto di arpe eoliche, suoni che danno alla vertigine di ascissa di cinquecento metri di dislivello a picco il fascino morboso di un’avventura irresistibile, come in effetti poi accadde, con la caduta atroce della bell’Alda. E’ il caso di dire che in mille anni le colonne d’Ercole qui non sono ancora mai state superate.

Non è difficile affidarci alla nostra fantasia e rimuovere tanti luoghi comuni, deformazioni di idee che sarebbero invece più che legittime anche e soprattutto nella loro diversità...

“… Chi sei tu, mi dicono, per giudicare, e per recitare sentenze, da dove vieni, cosa capisci dell’orgoglio e del pudore di una specie che ha pari solo nel volo delle aquile?” Eppure è così semplice, basta cambiare la messa a fuoco del nostro sentimento e ricominciare capovolgendo la logica che fin qui ha costruito il luogo, portandola per una volta nella storia dell’umanità dall’alto verso il basso e non viceversa. Così oggi la costruzione di un parco aereo e montano è la sfida di un inizio, che ci fa sentire fortemente in agone, se solo sapesse raccogliere il disegno delle costellazioni o delle fonti sotterranee, i profumi dei sentieri e il riflesso della roccia quando è nuda, e orientare da un cardine circolare un panorama che mozza il respiro. È la porta della valle di Susa che si apre, la vista corre lontano sul disegno della rosa dei venti. Se questo lavoro sarà fatto con convinzione un pubblico numeroso salirà con ogni mezzo sul Monte Pirchiriano, ciascuno volendo prendere il proprio posto con solennità e sicurezza, in un coro lirico che esiste, ma di solito è disperso per frammenti, che non si è mai esibito finora, anche se non vede l’ora di avere questa opportunità.

…TUTTI QUI HANNO UN DISPERATO BISOGNO DI UN PARCO…
Le popolazioni di questi luoghi, i visitatori, la Sacra, tutti qui hanno un disperato bisogno di un parco che raccolga e moltiplichi occasioni di riposo, di intimità, di convivialità. È quel disperato bisogno di bellezza, di dignità del lavoro, di capacità di ascolto, di cui parlavo, sono valori nei quali la comunità che aderisce al monte come a una causa innata trova e dichiara se stessa. Bisogna assolutamente allentare l’assedio e motivare la nostra resistenza con maggiore chiarezza e trasparenza.

Questo è un luogo sobrio e sereno e tale rimarrà, che si costruisca o no un Paradise Express. Ma questo, mi direte, sarebbe il modo più veloce, silenzioso, economico. E allora? È forse questo il motivo dell’esitazione? Un ponte a Tokyo con questo nome, “Esitazione”, è al centro di un racconto di Kazuo Ishiguro. E’ come una porta fra la città quotidiana e un quartiere del piacere, la sua sezione longitudinale è un semicerchio perfetto, così che la pendenza è addirittura faticosa all’inizio e alla fine, mentre è comoda al centro. Immaginate questa coincidenza fra comportamenti e passioni in un mondo col quale il protagonista che è un artista, si confronta senza fortuna, perché è parte e vittima di un mondo fluttuante.

 Si sta affermando una forma di conformismo preoccupante che promette di tradurre ogni processo degenerativo della nostra vita quotidiana nell’apparente suo contrario, semplicemente assegnandogli una desinenza di “green”: così è dell’ambiente, ma anche di tanti aspetti del costume come cibo, moda, pubblicità. La bellezza – tremate, ma non disperate -, diventa il logo di cosa è o cosa non è “Smart” nel mercato del “verde” e del “bio”, garanzia di un estetismo sempre più commerciale e un di un Wellfare che riflette sé stesso, il diritto ad appartenere a un genere certificato, avere ed essere appunto un verde sempre più Smart.

Una rivoluzione urbanistica sembrerebbe poter partire in ogni momento ma la mia opinione è che non siano lì i problemi più ardui, fino a che lo zooning ha la meglio e risultano invece essere schiacciati in una dimensione che soffoca lo spazio, perché sono una materia troppo arida, con un continuo equivoco sui doveri e i diritti della  proprietà privata, le mappe catastali, gli standard di verde e parcheggi, mentre invece sarebbe interessante comparare mappe del consumo e della produzione di energia, dei cicli di trasformazione, dei flussi di traffico e di informazioni. Dei circuiti più liberi della fantasia…

UNA SEMANTICA URBANA PIÙ FLESSIBILE NEL TEMPO E NELLO SPAZIO
Questo controllo insieme sicuro e duttile, non può accadere che nel progetto di paesaggio, in ragione di una nuova semantica urbana che esige di essere più flessibile nel tempo e nello spazio. Dapprima l’idea di un parco è iniziata come un “atterraggio morbido” ai piedi della Sacra, uno spazio già in preparazione che fosse una sorta di iniziazione anche spirituale, per poi diventare una passeggiata di crinale. È stato lì che l’idea del parco ha improvvisamente stabilito una sua maggiore autonomia. Nato per la Sacra, della Sacra è diventato un’identità geografica parallela, che prima può, poi deve avere anche una vita propria. La prima idea era stata che realizzando una moderna cremagliera, che tutto il monte Pirchiriano potesse diventare un’isola pedonale, con attività, flussi, comportamenti, appunto caratteri propri di un parco panoramico, e non di uno qualsiasi, ma uno dei più belli che si possa immaginare. Molta strada si è fatta da allora.

Il Parco fa paura, per l’impatto sull’ambiente, per il costo, per quel tanto di macchina infernale che turba i sonni dei sobri, dei saggi, dei bio di ogni specie. Dal punto di vista economico, e anche di quello sociale, tutti sanno che non costruire un’opera utile di paesaggio ha ogni giorno un costo che non si vede, perché è indotto, ma che la comunità invece paga già, ed è un costo alto, certamente superiore a quanto costerebbe costruirla: e il caso della Sacra, con la straordinaria visibilità di questo monumento, che è ritenuto il più importante del Piemonte, che fa pensare che questo plus valore non capito e perduto sia veramente molto consistente. L’idea invece che quello che serve non sia altro che uno zio Scrooge pubblico o privato che si presenti e assuma da solo tutti i rischi è semplicemente infantile, gli effetti benefici si irradieranno con logiche ovvie ma anche in buona parte imprevedibili.

CONSAPEVOLEZZA DEL SUBLIME
Chi è il soggetto, mi chiederete voi, che allora avrà titolo per costituirsi leader di un’eventuale iniziativa? Chiunque, rispondo, purché abbia consapevolezza del sublime, della meraviglia e del significato di liberare queste risorse benefiche dal loro letargo. L’avventura del Parco delle Terre di Sacra, o del Pirchiriano, in tutta la sua complessità può e deve avere tutta la forza di una chiarezza dimostrativa, una dimensione e una capacità di propagazione che appaiono, perdonatemi questa immagine un po’ forte, quasi simili a quelle del virus stesso che ci tormenta, la soluzione del suo segreto infatti è curiosamente simile a quella del contagio: è tutto nella sorpresa, nella riservatezza e nella pazienza. Fra i vari soggetti suscettibili di interpretare secondo canoni geometrici esatti in pianta la triangolazione di città e punti noti, le mappe dei percorsi di pellegrinaggio attraversano e misurano il continente ed è tutt’ora un mistero l’allineamento perfetto di sette centri religiosi costruiti fra il 500 e il 1.000 d.C., nel culto di San Michele Arcangelo. Dallo scoglio di Skelling Michael nell’Oceano Atlantico irlandese, al Convento del Carmelo in Israele questa linea retta attraversa il continente per più di quattromila chilometri, vale a dire un decimo della lunghezza dell’equatore (curiosamente nessuna fonte originale fa riferimento a questa coincidenza, essendo chiaro che il possesso della forma di questa sezione avrebbe significato sostenere la curvatura della terra). Ma se ci avviciniamo ecco che a una scala locale altri soggetti possono entrare autorevolmente in scena, come un’associazione culturale, Terre di Sacra, e un comune, Sant’Ambrogio di Torino, che hanno molto da dire, essenzialmente perché molto hanno ascoltato e presidiato una condizione difficile essendo promotori di studi e ricerche in questa direzione. Ed è proprio sul Parco che possono cominciare a parlare e a cercare interlocutori, per aprire un dialogo che può avere la forza dirompente di un dolcissimo visionario terremoto.

In copertina: IL PARCO, LA RUPE. Un dislivello a picco di 500 metri dalla pianura alla Sacra. La visione della costa si presenta sulla valle con ostinata millenaria continuità. Due campi polari opposti del sopra e del sotto qui liberano una tensione che il vento fa spesso vibrare come un canto, tensione che dà alla vertigine di ascissa a picco sulla pianura il fascino di un’avventura irresistibile. Disegni Prof. Arch. Franco Zagari, Dott. Arch. Carlo Morrone.