Autore: redazione
pubblicato il 24 Agosto 2022
nella categoria Recensioni Testi
Si tratta proprio di un altro pianeta quello che mette in mostra, in oltre seicento pagine, lo studio di Cherubino Gambardella e Simona Ottieri. Ricche di schizzi immaginifici e illustrate con cura e dedizione. Fino al 1997 solo di Cherubino. Da allora ad oggi insieme e, come altre coppie che - penso a Doriana e Massimiliano, a Laura e Franco - dividono la vita oltre al lavoro.
L’overture sintetizza il lungo percorso. E inizia chiedendo se è necessario avere una propria posizione teorica in architettura. L’opinione di chi scrive? La rimando alla fine del viaggio.
Certo si apprezza il non respingere nessuna richiesta della committenza perché, anche dalla più umile, può scaturire, come avviene in numerose occasioni, una soluzione imprevista e folgorante.
Davvero il capolavoro è dietro l’angolo. Al di là del budget ridotto. Anzi proprio questo può stimolare la molla dell’invenzione. Insieme a “una oculatezza visionaria, un risparmio artigianale, un’enfasi figurale non impossibile e non lontana da quanto comunemente si vede in molta architettura contemporanea”.
Particolarmente indovinata l’idea di mettere a punto come aperitivo un album filatelico dove all’interno dei bolli provenienti dai più diversi paesi: dal Brasile alla Tunisia, dalla Grecia agli Stati Uniti alla Danimarca, senza ovviamente ignorare l’Italia, appaiono immagini significative dei propri progetti ad evocare la spedizione dei plichi con le tavole degli stessi, prima dell’invio con we transfert.
Inizia quindi la lunga serie delle opere tenute insieme da cartelle con nomi suggestivi: Trucchi, Dentro, Fuori, In aria, Statue. E ancora: Fantasmi, Imparare, Guardare fino a Pregare e Curare che alludono a tipologie ben chiare.
Ciò che colpisce fin dal primo sguardo e consolida il giudizio sull’impresa è la straordinaria capacità di inventare partendo da una traccia, l’accenno di un ricordo, un segno improvvisato sulla pagina di un album che diviene sostanza: ossa, sangue e carne della composizione. Le pareti di marmo che dialogano con una scatola lignea in un ufficio a Napoli dell’87. Un pavimento in craquelé bianco che si snoda in un lungo corridoio in un appartamento a Napoli terminato nel 2020. Le murature rese preziose dall’uso della tinteggiatura d’oro, come i fondi delle tavole medievali, assai prima della proposta di Rem Koolhaas per Milano. Il colore capace di assumere i toni più diversi. Dal nero che si sposa con il giallo. Bugne dorate e piramidi rovesciate di rosa metallico. Fondi porpora che esaltano due grandi tavole settecentesche, il secolo d’oro dell’arte napoletana. Ed ancora i soffitti argento e stalattiti bianche.
Davvero la perenne voglia d’architetture che connota il modo di vivere il nostro tempo ebbri di fantasia e di ciò che urge dentro: l’irresistibile desiderio di giocare che libera l’inventiva e giunge a produrre opere emblematiche che lasciano in cantina le barbose diatribe sulla teoria.
Vero è che queste architetture: dall’Ipogeo superpop di Milano alla stazione per la metro a Scampia; dall’Ipostilo delle polveri a Bonea alla Torre dello Ziro al Pontone d’Amalfi e tante altre ancora, ci parlano della disperata voglia d’ideare, avendo presente la memoria. L’arte contemporanea, il paesaggio urbano e quello del mediterraneo si mescolano e fanno emergere ciò che urge dentro e straripa fino a produrre architettura.
In copertina: Gamberdellarchitetti, Un altro pianeta terra, work & projects 1987 – 2022, Lettera ventidue Siracusa 2023, p. 606 interamente a colori € 49,00.