Autore: Antonio Tursi
pubblicato il 19/04/2022
nella categoria Parole
Le dinamiche della “democrazia profonda” si possono cogliere in tante situazioni. Un esempio recente è stato offerto dalla favela di Paraisópolis nel corso della pandemia di coronavirus. Da subito, si è trattato di smontare false notizie e supposizioni circa il virus, diffuse persino dalle autorità statali, guidate da un negazionista come Jair Bolsonaro. La prima sfida è stata, perciò, informare e rendere consapevoli gli abitanti della favela sulla pericolosità del virus e su alcune basilari misure precauzionali. E così alcuni abitanti del quartiere hanno approntato un auto con altoparlanti e percorso le dissestate strade per ammonire sui pericoli e consigliare di non uscire di casa o di lavarsi spesso le mani: piccoli gesti che qui acquistano un valore esponenziale, visto che le case sono spesso baracche, visto che senza uscire di casa non si ottiene qualche piccolo ma indispensabile guadagno quotidiano, visto che l’acqua è spesso un bene difficile da procurare.
La favela si era dotata di presidenti delle strade che conoscono ciascuno degli abitanti e che in questa occasione quotidianamente hanno fatto un giro tra le abitazioni per raccogliere informazioni sullo stato di salute e portare aiuti indispensabili, come il gel disinfettante e le mascherine. Mascherine prodotte in loco, da un’azienda del settore tessile della favela. Nella favela, infatti, operavano già delle aziende capaci di far apprendere un mestiere a persone non istruite e di dare loro un lavoro: aziende ad impatto sociale.
La rete degli abitanti ha poi affrontato un altro problema: il servizio delle ambulanze non arrivava nella favela, le cui strade sono spesso di difficile percorrenza e insicure. Gli abitanti hanno noleggiato delle ambulanze per affrontare questo disagio. Inoltre, l’associazione di quartiere ha chiesto alle autorità cittadine di adibire due scuole pubbliche, chiuse per la pandemia, in centri di accoglienza per i contagiati asintomatici, in modo da porli in isolamento, un distanziamento impossibile in baracche sovraffollate. E alcuni medici e infermieri sono stati assunti dalla stessa associazione per prestarvi servizio.
Altro problema acuito durante la pandemia, che ha interrotto molte attività lavorative, è stato quello del cibo. Il catering Maos de Maria ha riconvertito la sua attività dalle scuole e dagli eventi ai pasti per i bisognosi della favela.
Per fare tutto ciò si è pensato di attivare un finanziamento collettivo tramite internet. Raccontando le iniziative intraprese su Facebook e Instagram, gli attivisti hanno avuto un riscontro notevole di donazioni che hanno permesso loro di sostenere le varie attività.
Il tutto è stato coordinato dall’associazione degli abitanti e dei commercianti della favela, il cui presidente dichiarava: “ho una responsabilità. Credo molto nel potere dell’esempio, per questo cerco di fare pochi errori e di correggerli subito”. “Visto che il governo non fa nulla, noi abitanti abbiamo provato a unire le forza per provare a cambiare le cose”. Nel caso di Paraisópolis, perciò, la vicinanza con i grattacieli dei ricchi non si è risolta in un aumento della violenza ma in una risposta configurata dai poveri ai bisogni dei poveri. Tutto ciò ha, inoltre, abbassato notevolmente il tasso di mortalità per covid-19 in questa favela rispetto a quello di altre zone dello stesso tipo ma meno capaci di mobilitarsi collettivamente.
Altri esempi di democrazia profonda potrebbero essere rinvenuti a San Paolo e in altre città brasiliane. Tutti ci porterebbero alla stessa conclusione: alcune visioni moderne di pianificazione e sviluppo dall’alto non sono più adeguare a comprendere, percorrere, abitare città che si sono costruite al di là della modernità, dei suoi soggetti, dei suoi spazi, dei suoi progetti, delle sue forme politiche. Visitare San Paolo, nel nostro presente, percepire le sue stratificazioni, le sue divisioni e le sue cuciture, significa cogliere le sfide del XXI secolo, immaginare delle possibilità future di abitare il nostro mondo, costruire un cosmopolitismo dal basso, un cosmopolitismo della vita quotidiana. [4/4 fine]