presS/Tletter

presS/Tletter

Davide Dormino, Quando il bambino era bambino, a Fondazione Volume! – di Roberta Melasecca

Davide Dormino, Quando il bambino era bambino, a Fondazione Volume! – di Roberta Melasecca

Autore: Roberta Melasecca
pubblicato il 04/04/2022
nella categoria Incontri di Roberta Melasecca

Da quando sono quasi cieco, vedo solo dei piccoli dettagli, in un mare di nebbia. E a quei dettagli mi aggrappo per cercare di capire come sono fatte le cose della realtà che non conosco. Sono convinto che finché riuscirò a vedere anche solo un’ombra mi sforzerò di interpretarla. In fondo, è quello che facciamo tutti. O, almeno, che dovremmo fare. Impiegare tutte le nostre energie per osservare i brandelli di realtà che la vita ci regala e, decifrandoli, allargare il più possibile il nostro sguardo, la consapevolezza che abbiamo delle cose.  Queste le parole di Vincenzo Mollica, noto giornalista che ha raccontato l’arte, il cinema e la musica in Italia degli ultimi quaranta anni. Ed appena ho letto queste parole ho pensato che descrivessero perfettamente la mostra in corso in questi giorni a Fondazione Volume!, Quando il bambino era bambino, di Davide Dormino.  In effetti non è una mostra. È un’esperienza. Un attraversamento di noi stessi durante il quale si percorrono passo dopo passo sentimenti e sensazioni che mutano velocemente. Entro indossando un cappuccio nero che provoca fastidio e limita talmente la vista che la prima immagine è quella di me distesa faccia in giù, lunga sul pavimento. Ma poiché alla fine l’immagine si è vanificata dalla mancata caduta, penso che forse i miei occhi si stanno abituando alla penombra. La ricerca è lunga e ho bisogno di tempo. E noto solo piccoli dettagli nel mare di nebbia e di semioscurità. Ma la volontà di scoprire ed indagare cosa Davide ha costruito, i brandelli di realtà, è più forte delle parole che ripetono che invece non sto trovando proprio nulla. È un lavoro sullo sguardo, lo sguardo interiore, lo sguardo innocente, lo sguardo censorio, lo sguardo perduto (cit. testo Silvano Manganaro), lo sguardo della memoria. Davide ci chiede di concedere spazio alla nostra memoria e riportare alla luce le stratificazioni conscie e inconscie, quelle che è facile ricordare e quelle che abbiamo voluto rimuovere. E dalle pareti emergono piccoli oggetti, meccanismi di riaffioramento di figurazioni sepolte, inglobati nella concrezione del cemento. Ed ogni scoperta è un pugno in faccia perchè mi accorgo che è impervio interpretare i segni; forse sono diventati troppo appannati o forse il mio piccolo bambino si è perduto e vaga ora nel magma indistinto in un contemporaneo gioco a mosca cieca.  Sono abbastanza stanca, cercare Roberta stanca, cercarmi e trovare qualcosa che non conosco costringe. Le ombre si affollano su me incappucciata riconoscendomi comunque. Decido allora di passare oltre. La decisione di passare oltre è consolatoria, rinfrancante, permette di stare, come diceva Maria Zambrano, in un luogo determinato in stato di quiete, in un luogo a noi proprio, che ci appartiene perchè ce ne siamo appropriati costantemente in un impercettibile sforzo che si fa sensibile nelle situazioni, qualunque esse siano, in cui ci sentiamo fluttuare. Passo oltre e il bianco del colore bianco soffice e gessoso produce l’identico effetto del grigio colore grigio. Solo che lui è lì: il mio piccolo bambino è lì che mi aspetta, con un sorriso semplice. Oltre il pensiero. Senza fermarmi in punti di non ritorno. Con estrema lucidità. Non sono stata salvata da nessuno. Non è necessario che qualcosa o qualcuno mi salvi. Anche la maschera non è necessaria e si assimila al candore accecante fino a sparire. È solo la mia storia di donna del mio tempo, di questo tempo in cui sono nata e dove ho sperato, raccontato, dove continuerò a sperare e raccontare una storia che ho intravisto.  Davide Dormino Quando il bambino era bambino Testo di Silvano Manganaro Fondazione Volume! - Roma Fino al 15 aprile 2022