Autore: Arcangelo Di Cesare
pubblicato il 21 Ottobre 2021
nella categoria Cronache e storie di Arcangelo Di Cesare
La cronaca di ottobre ci offre lo spunto per la riscoperta di un progetto che Bruno Zevi avrebbe declinato come “Urbatettura”: la città Nolana dell’Architetto Franz Di Salvo. Una ricerca espressiva capace di combinare le istanze di prefabbricazione con gli orizzonti macro strutturali, tipico dei dibattiti architettonici degli anni 60, e di proporre un possibile riequilibrio territoriale connettendo tutte le disordinate aree campane in direzione Roma. Il progetto, voluto dall’I.R.I., restò sulla carta ma, nella personale ricerca dell’architetto aprì una finestra verso quello sperimentalismo formale che, unito alla forte richiesta di residenze pubbliche e popolari degli anni 60-70, lo avrebbe condotto al progetto più discusso della sua carriera: le vele di Scampia. Realizzate dal 1971 al 1980, a solo 15 anni dalla fine del cantiere subiranno l’ordine di demolizione e agli inizi del nuovo secolo alcune verranno abbattute. Un veloce deterioramento di un progetto nato bene, realizzato male e vissuto peggio. La tipologia, abbastanza comune a quella di molti progetti coevi in Europa, era costituita da due corpi paralleli, con terrazze degradanti verso l’alto, separati da un’intercapedine in cui erano posti ballatoi e le scale di accesso alle abitazioni. Le modifiche, non concordate con l’architetto e apportate in fase realizzativa, con in particolare la riduzione eccessiva della distanza tra i due corpi, privarono la costruzione di quel “respiro” necessario ad una corretta condivisione comunitaria e sociale dell’edificio. I 1200 alloggi furono assegnati a circa 12.000 persone, il doppio di quanto previsto dal progetto e questo determinò effetti di segregazione e di esclusione sociale che portarono ben presto ad un degrado irreversibile; la forte carenza manutentiva, il vandalismo e il mono-classismo fecero il resto determinando il totale abbandono……. anche delle istituzioni. Oggi possiamo affermare con sicurezza che le vele sono state un fallimento ma assolutamente non ascrivibile a Franz Di Salvo, i cui disegni ci testimoniano ancora cosa poteva diventare questo progetto in altre condizioni di contesto e realizzazione; purtroppo le ultime narrazioni cinematografiche invece spingono ad affermare che il degrado sociale sia quasi esclusivamente imputabile alla “cattiva” architettura in una sorta di eterna e ingiusta “damnatio memoriae”.