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Modisteria, tanatofobia e storia dell’architettura in Renato De Fusco – di Eduardo Alamaro

Modisteria, tanatofobia e storia dell’architettura in Renato De Fusco – di Eduardo Alamaro

Autore: Eduardo Alamaro
pubblicato il 12 Gennaio 2021
nella categoria Crick di Eduardo Alamaro

Libro singolare, coraggioso, questo “La modisteria”, una “autobiografia breve” lunga 120 pagine, di Renato De Fusco, professore eccellentissimo, eme-rito e quant’altro di rito della nostra fu Gravina d’architettura di Napoli (Clean Edizioni, Napoli, 20 euro). Perché libro singolare? Perché il nonagenario accademico De Fusco, autore di un numero infinito di libri, saggi, articoli, collane editoriali, riviste op e oplà molto citate, … qui invece racconta le vicende del suo non facile tragitto privato … … privatissimo, provatissimo, talora riandando alla sua infanzia (… “quel misterioso nido di peli biondi femminili”, pag. 12) … tutto a partire proprio dallo “spazio cucitrice” della modisteria ’e mammà a via Chiaja di Napoli, di fronte ai fu antichi “gradoni”, nell’anteguerra. Poi divampò la guerra fascista e la numerosa famiglia De Fusco, per sfuggire ai feroci bombardamenti alleati su Napoli (ma la guerra è guerra, ed è meglio non dichiararla …), sfollò nella più sicura via per Posillipo, proprio all’inizio salendo, in “un piccolo alloggio a piano terra prospiciente Palazzo Donn’Anna” (pag. 19) e … … e qui avvenne l’avvenimento decisivo per la vita dell’allora tredicenne Renato: la morte improvvisa della madre, donna non giovanissima, (Renato è l’ultimo nato di una famiglia numerosa), … morte non dovuta a cause riconducibili a eventi bellici, ma perché s’era “rotto qualcosa dentro”, nel corpo della madre …. Quel mattino del gennaio del 1943 era pieno di un sole splendente a Posillipo … ed anche a Poggioreale, fino alla scura fossa d’interro numero 11 “di una squallida cappella del nostro bruttissimo cimitero cittadino”, scrive l’autore (pag. 21). In quella fossa numero 11, vissuta come la cella di una prigione, fu calata quella bara materna ma … … ma il giovane Renato non accettò l’improvvisa sparizione … nonché le modalità di questo subitaneo abbandono (forse vissuto come tradimento), … Renato si sente (ed è) orfano, … tutto ciò che fino a quel momento era solido si dissolve nell’aria fine di Pusilleco … … forse il figlio vorrebbe seguire inconsciamente la madre nel varco affascinante aperto da quel “rompersi dentro”. Ossessione che lo martella … il tema della “rottura improvvisa interna” lo tormenta e lo interroga …. Renato instaura così una lotta con quel corpo materno calato nella fossa n. 11 di Poggioreale, un corpo a corpo fecondo … … tutto ciò genera angoscia, ansia e paura di morte senza preavviso nel giovane, peraltro “già predisposto”, già allarmato fin da piccolo dalla possibilità dell’abbandono improvviso da parte di una figura femminile protettrice, donde “l’instaurarsi (in lui) di una fitta rete di fobie difensive preventive” … di messa a punto di artifizi per sfuggire a ciò costruendo un  mondo riservato, protetto, … interamente giocato nello spazio urbano felice di Napoli, tra Chiaja e Posillipo … Questo libro ha vari nodi, vie, incroci, piazze e pazzielle ..., nonché fili, filetti e spezzatini, utili ma secondari rispetto a quello del femminile, ossessivo filone principale, evidenziato da una lunga teoria di nomi di donne, a … … a cominciare da quello della nonna Carlotta Crivelli, “snob e razzista”, modista del Nord, di Pavia, scesa a Napoli verso il 1885 … divenuta poi amante (e indi forse moglie) del nobile Gennaro de Fusco, ma certamente Carlotta fu fondatrice della casa, ‘a modisteria …; ... segue la madre di Renato, Genoveffa Montefusco, figlia invece di umili e onesti calzolai del quartiere popolare napoletano di Tarsia, accettata con difficoltà nella modisteria (che sarà poi sua) …; indi gran ruolo ha Carlotta, la sorella di Renato più grande, molto più grande di età, … quasi una madre in seconda, che lo coccola, lo protegge, che, secondo alcuni, contribuisce ad aggravare le tendenze nevrotiche del fratello per eccessiva accondiscendenza e credenza …. … e via via scorrono tanti nomi (prevalentemente) di donne … fino a quello centrale, fatale, attrattivo, talvolta distruttivo, di Marisa, una giovane e colta napoletana di ottima famiglia di via dei Mille, … … che Renato, dopo un rapporto complicato sin dalle origini, alfin sposa nella nobilissima chiesa di Santa Chiara, rinata dopo le bombe incendiarie alleate del 4 agosto 1943, quelle del “munasterio ‘e Santa Chiara / tengo ‘o core scuro scuro” … … ma la vita (del monumento) continua e Renato è felice quella “mattina di fine aprile” del 1953, quando ha quasi 24 anni (pag. 83)… ed ha ormai abbandonato la sua primitiva idea deraciné di fare l’artista, il pittore d’avanguardia, … avendo nel 1951 fatto anche un lungo viaggio-borsa di studio  in tal senso, a Parigi, … ma capisce che nun è cosa, non sarebbe eccellente e primario …; così come capisce (a Milano) che l’architettura pratica non è cosa sua …, sarebbe secondo e forse anche terzo (causa nevrosi, fobie, follie, ubbie …) … … capisce che la sua natura lo spinge piuttosto allo studio sistematico, alla riflessione e … e così inizia la sua “carriera di storico dell’arte e dell’architettura moderna”: la fedele nevrosi d’ansia, quell’amante crudelissima che lo stringe a sé e lo costringe a starsene rassicurato in uno spazio perimetrato e amico, … paradossalmente si rivela un’alleata preziosa, una belva felina con la quale scendere a patti … ecc… ecc .…, bla, bla, bla … Tutte queste vicende (e molte altre narrate nel libro memoriale defuschiano) io le sapevo già, per due motivi: sia perché dettemi simpaticamente a voce, a frammenti, in tanti incontri con Renato, al suo studio-casa al Casale di Posillipo, sempre “zona Madre” sua … … ma soprattutto perché l’autore, già mio originale professore alla Gravina, fine anni ‘60, mi aveva fatto gentile omaggio “con affetto”, il 15 gennaio 2009, di un suo raffinatissimo, esclusivo, libretto fuori commercio di un centinaio di pagine, da lui fatto stampare (per sua memoria privata partecipata) attorno al 1980, quando aveva 50 anni … … una di quelle cose preziose che si editano per una ricorrenza, per un matrimonio, per un fatto eccezionale, (in questo caso per la fine della sua tanatofobia, del “corpo a corpo” madre-città), solo per pochi intimi; dico quei quaderni di lusso, massimo di 50-100 copie, … … volumetti rivestiti di carta con decori di gigli di Firenze (vedi foto 2), rilegati con antica grazia artigiana, in questo caso da “Gli artigiani del libro Snc, Calata Trinità Maggiore 4, Napoli”, sempre in zona Palazzo Gravina, come oggi la Clean. E che festeggiava Renato? Festeggiava la guarigione di un suo amico cinquantenne di nome Donato che era uscito (o sembrava essere uscito) da una malattia assolutamente simile alla sua. E’ così che Renato interroga Donato sulla sua nevrosi d’ansia, e vede che Donato è lo specchio di Renato, come gli auto-ritratti del primo Caravaggio a Roma, o le sculture “Grande specchio” e “Narciso” di Perez a Napoli, anni 60 ‘900, giocate tra Eros e Thanatos ..… L’intreccio narrativo è quindi interessante: un primo bozzettone, questo de’ “I cinquant’anni di Donato”, sul quale i due della ditta Renato-Donato, sono intervenuti oggi, a fine 2020, con conferme di brani, riletture, modifiche, allargamenti non sostanziali, nessun stravolgimento del libro di una vita … e con l’aggiunta della parte finale, odierna, soprattutto con .. .. con – qui faccio spoiler - il capitoletto dedicato a Emma, della quale scrive (con ragione e amore) un gran bene: dico Emma La Bruna di Avellino, sua seconda moglie da un decennio, con rito civile officiato a Castel Nuovo da Pasquale Belfiore assessore (già eccellentissimo allievo di Renato alla Gravina) e che ha visto me (suo indisciplinato allievo e poi amico di confidenze) quale testimone della felicissima sposa (ricordo ancora il suo SI! urlato) … … e la festa nuziale, notasi, si svolse in “zona Madre”, al Circolo Posillipo, non lontano da dove mori nel 1943 la madre di Renato, quella che “rompendosi dentro”, gli aveva lasciato in eredità una compagna di vita di nome Angoscia Indagatrice …. W W Emma La Bruna, grande e bel “dono” di casa Gravina … cioè della biblioteca dell’ex Istituto di Storia dell’Architettura, ove Ella ora anima, rianima e dirige con amore la “Biblioteca Roberto Pane”, gran maestro di tutti noi… In questo senso appare simpatica e “artistica” la conclusione del libro, pag. 119: “… laureandoci o a fine carriera, giovani o anziani, … tutti hanno conservato qualcosa di Palazzo Gravina … personalmente io mi son portato Emma e viviamo felici in una bella casa, sia pure con la presenza della mia nevrosi, vecchia amante.” Il finale (forse provvisorio perché non è detto che l’artista De Fusco non ci faccia una ulteriore sorpresa) è dolce e un po’ alla Pinocchio. Quando l’antico burattino s’accorge di essersi trasformato in un ragazzo sano e normale; che la capanna materna angosciante e tombale è diventata ora una bella casetta confortevole ‘ncoppe Pusilleco, tutta fatta e fata con pareti coniugali composte da tanti bei libri … … allietata dalla presenza della Fata Turchina della Gravina, alla quale Renato, dal ciel Donato, forse dice: "Come mi rompevo dentro quand'ero un burattino! E come son contento e sano ora che son diventato finalmente (quasi) normale!". Grazie Emma. Auguri e buon anno!