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Architettura e cinema: Gambirasio – Zenoni, ‘Terrazze fiorite’-‘Bergamo Sole’ – di Massimo Locci

Architettura e cinema: Gambirasio – Zenoni, ‘Terrazze fiorite’-‘Bergamo Sole’ – di Massimo Locci

Autore: Massimo Locci
pubblicato il 23 Novembre 2020
nella categoria Contro-Architettura di Massimo Locci

Il recente film di Alberto Valtellina e Paolo Vitali “Il condominio inclinato. Bergamo, sole, casbah, pollai e terrazze fiorite” girato sui complessi residenziali le ‘Terrazze fiorite’ e ‘Bergamo Sole’ (progettati negli anni ’70 dagli architetti Gambirasio e Zenoni), consente sia di analizzare la genesi progettuale di quest’originale intervento a scala urbana, sia di misurarne la variazione del rapporto tra gli utenti e lo sperimentale insediamento abitativo (una unità orizzontale gradonata sviluppata, senza soluzione di continuità, su due blocchi di 450 m x 100 m che s’integrano con un parco e un complesso di servizi scolastici). Così come è avvenuto per l’Unité di habitation di Marsiglia, a Bergamo si è passati da una avversione totale per una soluzione compatta (il condominio inclinato definito in termini dispregiativi i “pollai” o la “casbah”) a una integrale condivisione dei principi insediativi e a una forte affezione identitaria. L’ insediamento, che si estende su circa trentadue ettari, studiato e apprezzato a livello internazionale, è oggi tra i luoghi più curati e ambiti della città. Gabriele Basilico ne ha magistralmente documentato le valenze spaziali. Spiega Paolo Vitali, architetto e co-regista: “Obiettivo del nostro lavoro è stato quello di far emergere la forte interazione tra spazio e abitanti. Il progetto s’inserisce nel clima culturale che, tra il dopoguerra e gli anni ‘70, ha favorito la realizzazione di complessi abitativi di grandi dimensioni che dovevano sviluppare socialità e relazioni. A differenza di altre operazioni progettuali cui non ha corrisposto una adeguata qualità abitativa, nella “città orizzontale” di Bergamo ha prevalso un approccio sperimentale, ricco di soluzioni che hanno promosso e favorito modi significativi di interagire con lo spazio”. Il film non è ancora uscito per la chiusura delle sale cinematografiche. In attesa il link del trailer è: https://vimeo.com/427625952 Il documentario è utile anche per riconsiderare il lavoro di Giuseppe Gambirasio (Bergamo 1930 - 2016 ) e l’attività ricerca del suo gruppo iniziale BCGZ, a cui per una quindicina d’anni, dal 1967, hanno aderito, collaborando in modo non continuativo, Walter Barbero, Baran Ciagà, Giorgio Zenoni. Tra i progetti più interessanti di quegli anni, prevalentemente a Bergamo, il Centro commerciale ‘La Felce’ e ‘Bergamo Mobili’, lo straordinario Polifunzionale a piazza dei Mille, che converte l’area del dismesso Teatro Duse, le scuole a Curno e a Calolziocorte (dove Gambirasio nel ’66 aveva realizzato l’interessante unità residenziale in alluminio), il Convento dei Frati Francescani, la struttura urbana polifunzionale ‘Il Triangolo’ . Inoltre il gruppo, in vari concorsi nazionali e internazionali, ha sperimentato e concretizzato soluzioni tipologiche per la residenza e ‘spazi di vita’ marcatamente innovativi, come il Complesso a gradoni ‘Le Baxie’ a Spotorno e il citato Piano per l’edilizia convenzionata di via Carducci. Entrambi questi interventi si caratterizzano per la variazione dei tipi di alloggio (a schiera, in linea, a patio), per il loro inedito assemblaggio, per l’uso dei telai strutturali a vista, per gli eleganti e mai scontati particolari costruttivi, per l’articolazione morfologica che integra porticati trasparenti, piazzette e grandi patii con giardini, rampe pedonali, verde pensile. Soluzioni memori della Scuola di Amsterdam, della «Casbah» araba, delle città orizzontali di Adalberto Libera e di Diotallevi-Marescotti, ma anche dei linguaggi asciutti dei grandi stabilimenti industriali. In verità BCGZ non era un vero gruppo, canonicamente strutturato, ma un collettivo unito da orientamenti comuni, una libera e fluttuante aggregazione, come loro stessi dichiarano nel 1972 sul n. 361 di Casabella: “Il nostro gruppo non esiste come organizzazione precostituita a carattere più o meno è un modo di lavorare e non deve diventare una istituzione. Questo anche possiamo dire: che siamo ottimisti sulle possibilità della progettazione (tanto che continuiamo a progettare divertendoci perfino, ma non tanto da credere in teorie universali ed esaustive dell’architettura). E, per finire, se è lecito fare delle considerazioni a posteriori e generalizzabili sul nostro lavoro, certamente la più significativa riguarda il carattere sperimentale della nostra progettazione. Sperimentazione continua, caso per caso, che nasce dalla coscienza delle contraddizioni in cui ci troviamo ad operare (non escluso il nostro contraddittorio esserci). Il progetto nasce nel corto circuito provocato da situazioni contraddittorie e l’architettura che si forma è il risultato del compromesso che siamo riusciti a far accettare o che ci è stato imposto”. L’opera di Giuseppe Gambirasio, nonostante pubblicazioni varie e alcune mostre (l’ultima nel 2018 ‘Giuseppe Gambirasio. Uno sguardo curioso’ presso l’Ordine degli Architetti P.P.C. di Bergamo, a cura di Silvia Gambirasio con Giuseppe Armanni e Veronica Balacchi), è ancora in gran parte da studiare: non esiste nemmeno una voce su Wikipedia e sulla Treccani. Eppure è stato assistente e collaboratore di Ignazio Gardella e di Franco Albini, professore ordinario di Progettazione Architettonica e pro-Rettore allo IUAV, le sue opere sono state pubblicate sulle principali riviste di settore ed esposte in varie mostre monografiche, tra cui all’In/Arch (Palazzo Taverna di Roma) che gli ha conferito il premio nazionale nel 1989. In copertina: Il quartiere di via Carducci (© Gabriele Basilico)