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Una domanda sulla città contemporanea, fatta su Facebook – di Guido Aragona

Una domanda sulla città contemporanea, fatta su Facebook – di Guido Aragona

Autore: Guido Aragona
pubblicato il 04/11/2018
nella categoria Diagonali di Guido Aragona, Fuoco Amico di Guido Aragona

Qui a Torino, sono passato di nuovo davanti a Largo Piero della Francesca, nella zona ex industriale dove sono stati realizzati la Chiesa del Santo Volto su progetto di Mario Botta, il Parco Dora (concepito da Peter Latz & partners, parco che utilizza come elementi compositivi ruderi delle vecchie fabbriche preesistenti) e numerosi edifici alti di abitazione, oltre centri commerciali, secondo un Masterplan di Jean Pierre Buffi e Andreas Kipar, il tutto realizzato circa a partire dall’anno 1999 fino al 2012. Era un sabato, la giornata di fine ottobre, grigia. E mi è sorta spontanea una domanda Tolto il grigiore, perché l'urbanistica (la "urbatettura") moderna non fa, davvero, città? Tutto sommato, è una domanda che non smetto di farmi da tantissimi anni, e a cui non so dare esattamente una risposta decisiva. E così, ho provato a formularla su facebook, in cui molti miei contatti sono architetti. Fra le risposte, mi è sembrata particolarmente azzeccata quella di Gaetano di Gesu: “perchè ogni edificio moderno è un centro mentre la qualità della città è la forma del vuoto.  Allorché la mia risposta è stata “E quindi le persone non hanno davvero uno spazio in cui vivere, ma solo posti dove andare. Altre risposte sono andate nella stessa direzione ma con diversi accenti. Ad esempio Pietro Pagliardini "Perché sono oggetti sparsi nel vuoto senza relazione tra loro" a cui fa da contrappunto il successivo commento di Emmanuele J. Pilia: "Rotto il rapporto tra strada ed edificio, ciò che rimane è quello che dice Pietro". È stato contestato il termine “urbatettura” come orribile e inutilizzabile. Io penso che una parola per definire “l’arte di costruire le città” è utile, e “urbatettura” per quanto brutta e desueta è però adatta. Stranamente nessuno ha contestato l’affermazione implicita nella domanda, affermando che no, che l’urbanistica contemporanea fa davvero città, eccome. E però, se “le parole sono pietre”, anche le pietre, in qualche modo, restano a dire cose inequivocabili.  Voi che ne pensate?