Autore: Federica Russo
pubblicato il 09/07/2015
nella categoria Jet Lag di Federica Russo, Parole
Si è concluso il 30 giugno il London Festival of Architecture lasciandoci con la sensazione di quando le luci si accendono alla fine di un party e tu ti chiedi perche sia già ora di andare a casa. Questo enorme festival, ormai alla sua decima edizione, è stato per un lungo mese contenitore virtuale di più di 200 eventi architettonici che si sono avvicendati serrati e spesso sovrapposti in ogni angolo e istituzione della capitale. Una grande abbuffata, per architetti e non solo, di conferenze, mostre e istallazioni, nella migliore delle tradizioni: dal dibattito di Thomas Heatherwick & Dan Pearson sul nuovo garden bridge al talk di Smiljan Radic durante l'inaugurazione del Serpentine Pavillion, dal "Design of the Year 2014" al Design Museum all'esposizione sui grattacieli della city al NLA. Il programma però non comprendeva solo questo, ma soprattutto numerose originali occasioni di confronto: proiezioni di filmati storici dagli archivi di stato e del BFI, come la magnifica serata "Barbitopia" sulla storia del Barbican o quella sul fiume col Floating Cinema, Open Studios, Architectural Evening Events, tra cui il Friday Late al Vittorian & Albert Museum, tour della città al tramonto e nei week end, cito solo l'Artist tour organizzato dal British Council all'interno della Balfron Tower di Goldfinger, guidati dal National Trust tra le istallazioni della Royal College of Art, e infine gli student show, compresi gli indimenticabili party di fine anno di AA e Bartlett. Questa lunga lista, forse noiosa, è solo la punta di un iceberg utile in parte a dare un'idea di cosa sia accaduto nella città di Londra nel mese di giugno. La quantità e il livello delle organizzazioni coinvolte è incredibile, ma soprattutto è notevole che siano state tutte coordinate sotto lo stesso tetto. Abituati ad eventi che sono organizzati per essere "con noi o contro di noi", alle gerarchie e ai giochi di potere che spesso escludono la controparte e generano quindi inevitabilmente eventi paralleli, i noti "fuori" o "anti", piacevole stupirsi della capacità tutta anglosassone di creare situazioni multi-comprensive che permettano di avere diversi punti di vista e una organizzazione orizzontale. Si sarà quindi perso il filo del discorso in questo marasma di appuntamenti?Non direi. Il tema di quest'anno era "Capital" e si leggeva a chiare lettere l'intento di esplorare i differenti aspetti che stanno cambiando il volto della città: la cultura, le persone, l'economia, la crisi dell'housing e l'esplosione degli investimenti immobiliari, con lo scopo di capire la direzione intrapresa e portare alcuni importanti argomenti all'attenzione sociale e politica. "Housing Londoners:is it just a number game?", "Open mind in a closed city", "the death and life of great London high street", solo alcuni esempi. L'intera città ha preso parte alla discussione trasversalmente a tutti i settori coinvolti, dai rappresentanti del Council, ai developers, agli esponenti del National Trust e English Heritage, ad artisti, galleristi, sociologi, cittadini e si, anche architetti. La volontà era quella di emancipare la percezione dell'architettura da una nicchia di interesse per l'elite, per sottolinearne il ruolo di importante elemento nella vita culturale, finanziaria e sociale britannica. Diverse tipologie di eventi che superino il concetto di conferenza come unico strumento per parlare di architettura, numerose organizzazioni di alto livello culturale coinvolte, la multi-disciplinarita' degli interventi al dibattito, ma soprattutto lo sdoganamento l'architettura da discussioni anacronistiche e meramente teoriche per il riconoscimento del suo ruolo di parte attiva nella vita economica e sociale della città: questi i segreti di questo evento di successo a cui ispirarsi per il futuro. [gallery ids="23139,23138,23140,23141"]