Autore: Antonio Tursi
pubblicato il 24 Novembre 2014
nella categoria Parole
Una protesta nella protesta è quella che ha avuto luogo ad Hong Kong nel corso della cosiddetta rivoluzione degli ombrelli. Quando si è diffusa la notizia che l 'autorità governativa della città aveva intenzione di bloccare le reti telefoniche e le comunicazioni telematiche, migliaia di giovani studenti hanno immediatamente reagito. Di questa reazione ha dato conto il numero incredibilmente alto di download dell 'app FireChat che consente di inviare messaggi da telefonino a telefonino senza bisogno di una connessione Internet e dunque senza appoggiarsi a un intermediario come i gestori telefonici o gli Internet service provider. Ma della reazione al possibile blocco della rete hanno dato conto anche le immagini delle strade e delle piazze di Hong Kong piene di persone che impugnavano, come fiaccole, i loro telefonini accessi. Abbiamo assistito in questo caso davvero ad un cortocircuito nelle dinamiche della visione. McLuhan faceva osservare la profonda differenza tra la visione cinematografica e quella televisiva: nel primo caso la luce proviene dalle nostre spalle e illumina lo schermo bianco di fronte a noi, nel secondo caso i raggi luminosi dall 'apparecchio illuminano il nostro volto. Questo cambia il nostro rapporto con ciò che guardiamo: al cinema rimaniamo ancora a distanza di sicurezza dallo schermo, nel caso della televisione siamo assorbiti nello spettacolo. Oggi con gli schermi dei telefonini e con le loro funzioni video e fotografiche la dinamica è più complessa. Quando ad un concerto, ad una manifestazione di piazza, ad un qualsiasi evento impugniamo il cellulare per documentare gli accadimenti, noi diventiamo il vero spettacolo. Lo smartphone è un terzo occhio. Che ci serve per guardare noi stessi. Ad Hong Kong gli studenti con i loro smartphone hanno sì protestato nei confronti del possibile blocco della rete ma ancor più in profondità hanno riconosciuto se stessi come soggetto politico. Si sono guardati e hanno visto se stessi fare la Storia. @antonio_tursi [L 'Espresso, 27 novembre 2014]