Autore: Diego Barbarelli
pubblicato il 22 Aprile 2014
nella categoria Giovani Critici 2014, presS/Tcontests
Testo inedito
La città contemporanea, in questa nostra epoca postmoderna, sembra giacere nel paradosso tra due concetti chiave della produzione architettonica. Paradosso che già Roberto Masiero delineava scrivendo che il messaggio architettonico [contemporaneo] si muove tra il massimo di coercizione (tu dovrai abitare così) ed il massimo di irresponsabilità (tu potrai usare questa forma come vorrai)(Masiero, R. 1999). Da un lato c ‘è la coercizione intesa come utilità dell ‘architettura, un ‘istruzione per l ‘uso rivolta agli utenti. Dall ‘altro lato, abbiamo l ‘irresponsabilità intesa come trasgressione e contaminazione dello spazio architettonico che diviene effimero. Quest ‘ultimo identificato da Tschumi nei fuochi d ‘artificio in quanto queste apparizioni empiriche [*] producono un piacere che non può essere venduto o comprato [*](Tschumi, B. 1996).
Quello che si vuole argomentare è una critica verso ciò che ha prodotto questo paradosso. Una critica costruttiva verso l ‘atteggiamento postmoderno e la sua influenza in campo architettonico.
L ‘influenza che la cultura postmoderna ha portato in campo architettonico può essere paragonata al passaggio dal 45 giri alle musicassette e cd prima, e infine alla musica mp3 scaricabile da internet. Infatti se con i 45 giri la distinzione tra lato A e B era netta, con quest ‘ultimo costituito da canzoni meno commerciali, l ‘introduzione di musicassette prima e del cd poi hanno gradualmente eliminato questa dicotomia, arrivando alla musica scaricabile da internet dove ogni utente crea la propria, personale playlist. Parimenti in architettura, se con il movimento modernista si aveva una chiara distinzione tra spazi e funzioni, con il postmoderno questa distinzione entra in crisi, arrivando gradualmente a concepire uno spazio architettonico che, da un lato rimane il frutto del gesto individuale del singolo architetto, dall ‘altro però si apre all ‘ interpretazione individuale del singolo utente in termini di suo utilizzo.
Ciò che si analizzerà di seguito sono due spazi utilizzati qui come metafore descrittive della città contemporanea: la piazza che rappresenta idealmente la città quale organismo complesso caratterizzato da una molteplicità di azioni e contaminazioni tra individui, e lo skatepark. Lo skateboard come pratica che, se da un lato simboleggia un ‘esplorazione differente e trasgressiva della città, dall ‘altro, si può esprimere in uno spazio estremamente funzionalizzato.
La piazza era lo spazio delle grandi adunate fasciste e naziste durante l ‘epoca modernista e delle parate militari contemporanee della Corea del Nord. Queste sono i rituali descritti da Tschumi, dove non deve accadere niente di inaspettato. Il controllo deve essere assoluto(Tschumi, B. 1996). La piazza è però anche il luogo delle proteste del XXI secolo, il simbolo del movimento Occupy. La piazza è quindi spazio aperto a contaminazioni e trasgressioni. ├ê luogo polisemico come scrive Masiero [dove] il messaggio architettonico può riempirsi di significati aberranti senza che il destinatario avverta di preparare un tradimento (per esempio, chi usa Palazzo Ducale a Venezia per ripararsi dalla pioggia)(Masiero, R. 1999).
La piazza è quindi un luogo dell ‘incontro costituito da due aspetti che si mescolano tra loro: il rituale fatto di ordine, sincronismo e ripetitività e l ‘evento episodico, il disordine, la panchina che da seduta diventa rampa per lo skater, usata per fare i salti con la tavola. Iain Borden a tal proposito nota che lo skateboard ed altre pratiche cittadine ci insegnano che dobbiamo celebrare tre cose: diversità tra persone, diversità di spazi e differenti modi di conoscere la città(Borden, I. 2001).
A questo punto però la molteplicità di azioni offerta dalla piazza si scontra con l ‘altro lato del paradosso, lo skatepark. Questo infatti non è al pari della piazza un luogo di mescolamento. ├ê, semmai, il non luogo descritto da Marc Auge. Il non luogo altamente funzionalizzato, spazio di transito che non si lascia scoprire, piuttosto spiega all ‘utente come deve essere usato. Ad esempio i segnali in un aeroporto del tipo, sala fumatori: capienza massima 30 persone, Divieto di fumo, etc., sono le istruzioni per l ‘uso che definiscono la maniera con la quale l ‘utente deve utilizzare quello spazio. Uno spazio che data la sua specializzazione non riesce ad essere vissuto. In altre parole il non luogo è uno spazio troppo utile, così utile da durare il tempo di una rampa, più o meno quanto una sala fumatori di un aeroporto dura il tempo di una sigaretta.
Lo skatepark diviene uno spazio dominato dal silenzio. Lo spazio descritto ne Il Parassita dal filosofo Serres dove le formiche cacciano via la cavalletta(Serres, M. 1982). Lo spazio che deve essere pulito dal rumore, poiche questo impedisce la corretta trasmissione della legge. In questo caso però il rumore non è inteso come attacco all ‘istituzione totalitaria quale sistema ordinato per le parate militari e le grandi adunanze. Il rumore nel caso dello skatepark è determinato da quella collettività che è nella cultura postmoderna schiacciata proprio da quell ‘autorità tanto criticata. La collettività diviene l ‘intruso all ‘interno dello skatepark, l ‘ostacolo, la cavalletta che deve essere cacciata perche ostruisce il corretto uso dello skatepark da parte dei suoi utenti.
In questi due aspetti della città contemporanea giace il paradosso dell ‘architettura, sospesa tra l ‘effimero dell ‘evento temporaneo che trasforma la panchina in rampa e l ‘architettura in inutile oggetto aperto a molteplici usi, multi-relazionale e luogo di incontro di culture, la piazza come spazio democratico. Dall ‘altro lato lo skatepark quale spazio elitario, il non luogo transitorio che non si lascia scoprire ed esperire ma solo usare.
In questo senso il paradosso dell ‘architettura risulta essere il prodotto di un processo di contaminazione degli spazi attraverso l ‘accostamento e la giustapposizione di funzioni frutto di una cultura e di approcci progettuali prettamente asimmetrici. La stessa critica che in fondo muove il filosofo Bruno Latour con la sua definizione di non moderno. Egli infatti sostiene che la cultura moderna quanto quella postmoderna hanno creato una serie di ibridi sulla base di una dialettica asimmetrica. Abbiamo bisogno di dare spiegazioni simmetriche che trattino vincenti e perdenti in egual misura: ‘se l ‘intenzione è smentire la parapsicologia, si possono usare gli stessi fattori anche per la psicologia?[*](in Harman, G. 2009) si chiede, forse con una punta di sarcasmo, Latour.
Se da un lato quindi la critica di Latour diviene critica di un metodo che, fondato sul mescolamento e contaminazione tra funzioni, porta alla progettazioni di spazi ibridi che risultano essere asimmetrici, senza cioè possedere un corrispettivo dall ‘altra parte (la piazza usata anche dallo skater, ma lo skatepark che non potrà mai diventare piazza pubblica). Dall ‘altro lato questo stesso aspetto di asimmetria ci porta riconsiderare il paradosso che caratterizza l ‘architettura contemporanea, non più semplicemente come quello tra piazza e skatepark o utilità ed inutilità dell ‘architettura. Ma, in un senso più ampio, tra luogo e non luogo architettonico. L ‘includere questi due termini sposta le considerazioni su un livello differente, poiche implica il vissuto e quindi l ‘esperienza che gli utenti hanno dello spazio architettonico, determinando infine il paradosso dell ‘architettura come quello tra spazi transitori e stanziali. Lo skatepark è uno spazio così utile da essere solo transitorio mentre la piazza è così inutile da divenire spazio da sperimentare ed esperire, spazio del vissuto inteso come stanziale.
Il possibile superamento di questo paradosso nel vissuto dello spazio architettonico tra transitorio e stanziale deve essere ricercato altrove, in una rivalutazione del concetto di nomade. Il nomade infatti vive in maniera transitoria, avendo una percezione dello spazio nel quale transita come fosse un luogo. Riesce altresì a trasformare il transitorio in luogo permanente ed il sedentario in luogo temporaneo. Come scrivevano Deleuze e Guattari i punti determinano percorsi, ma sono strettamente subordinati al percorso che determinano. Un oasi è raggiunta solo per essere lasciata alle spalle; ogni punto è un punto di scambio[*]e rimangono punti di scambio lungo traiettorie (Deleuze, G. & Guattari, F. 1988). Il nomade vive in una condizione tra libertà e necessità. L ‘oasi rappresenta un punto che è subordinato ad una libertà di scelta all ‘interno di traiettorie che sono determinate a seconda delle necessità. In questo senso le traiettorie acquistano ancora più importanza perche se da un lato determinano lo stanziale, fermando i punti in un singolo istante nello spazio e nel tempo. Al tempo stesso le traiettorie sono vie transitorie dove, come nota Bruno Latour, le cose non sono mai ferme in un singolo luogo e istante (in Harman, G. 2009). In questo senso, il nomade è un architetto illegale come descritto da Jonathan Hill. Colui che vive in un territorio che non ha funzioni a priori ma dove è lui che le determina. L ‘architetto illegale è infatti colui per cui l ‘architettura può essere fatta di qualunque cosa, dovunque, sempre, da chiunque(Hill, J. 1999). L ‘architetto illegale è sia l ‘architetto che sovverte le convenzioni che l ‘utente che funzionalizza e quindi produce lo spazio architettonico, ammettendo con questo che la collettività abbia il ruolo di dare significato allo spazio.
In conclusione, con quest ‘ultimo ragionamento non si vuole suggerire un anacronistico rispolvero di teorie passate, quanto una rivalutazione teorica volta alla definizione di spazi architettonici che stimolino la sensazione di nomadismo, inteso come libertà sia nell ‘uso dello spazio (architettonico) ma anche nella sua definizione funzionale; una rivalutazione critica del ruolo svolto sia dall ‘architetto che dall ‘utente nella definizione dello spazio architettonico.
DATI PERSONALI:
Nome: Fabrizio
Cognome: Gesuelli
Data e luogo di nascita: Roma, 05/02/1984
Professione: Architetto (attualmente dottorando di ricerca presso l ‘Università di Edimburgo)