Autore: Diego Barbarelli
pubblicato il 22 Aprile 2014
nella categoria Giovani Critici 2014, presS/Tcontests
Testo inedito
Maurizio Sacripanti fu un architetto romano fra i più sperimentali e provocatori degli anni ’60. Fu un architetto visionario, in grado di cogliere gli stimoli dell ‘epoca e tradurli in organismi architettonici mobili e aperti nel tempo. Grazie alla qualità dei suoi disegni e di alcuni suoi progetti mai realizzati egli è oggi più che mai meritevole di ulteriori approfondimenti sulla sua poetica.
Fu attivo dal secondo dopoguerra e fu solo dopo un viaggio a Parigi nel quale venne a contatto con le avanguardie artistiche dell ‘epoca che aprì il suo primo studio. Era più facile che Sacripanti si sbagliasse a dare un giudizio su un architetto piuttosto che su un artista (racconta il suo ex-collaboratore Alfonso Giancotti), era infatti circondato da amici artisti che collaborarono ai suoi progetti, tra questi c ‘erano M. Mafai, R. Pedio, G. Capogrossi ed A. Perilli che insegnò nel suo corso di disegno dell ‘architettura gestendo il seminario di metodologie visive.
Gli anni ’50 furono centrali per la formazione dell ‘architetto ed il suo pensiero rispiecchiava lo smarrimento dell ‘epoca: Provavo la sensazione terribile di una scarto tra l ‘idea chiara, quella dell ‘arte moderna, e la sua traduzione in elaborato e funzione. (ÔǪ) occorre un ‘idea capace di ricaricare i rottami di significati attuali e anche le immagini verranno, saranno capaci di comunicarci segnali nuovi. La figura di Sacripanti si inserisce infatti all ‘interno di un periodo molto delicato per l ‘architettura Italiana. La generazione dell ‘incertezza che opera dagli anni ’40 agli anni ’60 è costituita da una costellazione di singole personalità che rispondono in maniera diversa alla nascente crisi del movimento moderno.
In seguito alla sua prima vittoria di un concorso internazionale per gli edifi della CECA egli affermò: Ne ricavai il primo premio Internazionale,ma fu per me l’occasione per contestare definitivamente il vecchio ambito mentale.E capii che volevo progettare la componibilità e il movimento, progettare funzioni nelle quali il tempo fosse protagonista. Iniziò così un periodo di svolta nella sua carriera architettonica.
Sarà dunque con l ‘inizio degli anni ’60, stabilitosi nel suo storico studio di Piazza del Popolo, che Sacripanti raggiungerà piena maturità e riconoscimento internazionale. Iniziarono a susseguirsi una serie di progetti che Pedio definì dei grandi progetti, tutti realizzabili e nessuno realizzato.
E ‘ del 1961 il progetto del Grattacielo Peugeot di Buenos Aires, frutto di una collaborazione con gli amici M. Mafai e F. Frigerio, R. Nigro e L. Tombini. Anche se la giuria del concorso gli assegnò solo una menzione d ‘onore, il progetto fu molto apprezzato sia in patria che all ‘estero. A questo progetto seguì quello del nuovo Teatro lirico di Cagliari (1965) che suscitò l ‘interesse di architetti e critici di tutto il mondo. Lo stesso Walter Gropius, ideatore del Total Theatre, decise di andare a visitare personalmente Sacripanti nel suo studio di Roma. Nel 1967 i disegni del Teatro di Cagliari vennero inseriti nell ‘archivio del Dipartimento di architettura e design del MoMa di New York. Progettò successivamente l ‘Ospedale dei Silicotici a Domodossola (1966) che vinse il 2┬░ premio In/Arch ed attirò l ‘attenzione di Le Corbusier. Seguirono il progetto per i nuovi uffici della Camera dei Deputati a Roma (1967) che Sacripanti dedicò all ‘amico Mafai scomparso nel ’65, il Padiglione italiano all’Expo 70 di Osaka (1968).
A conclusione di questo fertile periodo Sacripanti scrisse il suo libro più celebre Città di Frontiera nel quale afferma che i progetti proiettati sono (ÔǪ) sistemi che hanno prodotto immagini di una città che mi porto nella testa. (ÔǪ) Così quelle che presento sono le immagini di una tela sotterranea che è la città (ÔǪ) continuo a passare con la mano e la mente a reticoli dove ciascun nucleo divenga mutevole e immutevole, tanto da produrre e, insieme, subire campi di relazione in moto.
Non si può però guardare a Sacripanti senza tener conto del contesto intellettuale di quegli anni; il rapporto fra gli architetti e la prorompente società dei consumi rende più complessa la ricerca architettonica ed in quel periodo ci si iniziò ad interrogare su tematiche quali il ruolo dei mass media, il futuro, la tecnologia e soprattutto il linguaggio. Di sostanziale importanza è la figura di Umberto Eco. La sua ricerca semiologica fu fondamentale per lo sviluppo del pensiero di architetti come Sacripanti.
Nel 1962 infatti Eco pubblica il suo saggio sull ‘ Opera Aperta nel quale l ‘autore, oltre a trattare del linguaggio poetico, dell ‘informazione e della comunicazione, analizza l ‘opera aperta nelle arti visive. Scriverà: Così l ‘arte contemporanea sta tentando di trovare una soluzione alla nostra crisi, (ÔǪ) offrendoci delle immagini del mondo che (ÔǪ) costruiscono un nuovo modo di vedere, di sentire, di capire e accettare un universo in cui i rapporti tradizionali sono andati in frantumi e in cui stanno faticosamente delineando nuove possibilità di rapporto.
Analizzando le differenti poetiche dell ‘epoca Eco cerca di trovare il filo conduttore che lega i fenomeni artisci che arricchiscono il panorama internazionale degli anni ’60. L ‘opera aperta non ha una forma definitiva, sarà mutevole perchè solo grazie alla fruzione dell ‘opera e l ‘intervento diretto del frutore che assumerà una forma, tuttavia sempre diversa. Fondamentale diventa dunque il progetto dell ‘artista, che definendo le linee di cambiamento e prevedendo l ‘intervento del fruitore, realizzerà un ‘opera aperta nel tempo. Eco aggiunge inoltre il concetto dell ‘opera in movimento. E parlando della figura dell ‘autore-artista, scrive: Questi, in una poetica dell ‘opera in movimento, può benissimo produrre in vista di un invito alla libertà interpretativa, alla felice indeterminazione degli esiti, alla discontinua imprevedibilità delle scelte sottratte alla necessità (ÔǪ) nell ‘opera in movimento il negare che vi sia una sola esperienza privilegiata non implica il caos delle relazioni, ma la regola che permette l ‘organizzarsi delle relazioni.
E ‘ dunque grazie all ‘arte che la ricerca linguistica di quegli anni trova sviluppo pieno e consapevole. Sacripanti lo sapeva e da architetto non poteva e forse non riusciva a non stare al passo delle avanguardie artistiche dell ‘epoca. L ‘architettura, luogo dove arte e scienza si uniscono grazie a lui assunse forme ineguagliabili. Il tema dell ‘apertura divenne il fulcro della ricerca di tutte quelle correnti artistiche contrapposte all ‘informale. Le esperienze ottiche e cinetiche, l ‘attenzione al movimento dell ‘oggetto artistico ed anche del fruitore, l ‘accento sulla componente programmata in relazione all ‘azione diretta di chi fruisce l ‘opera d ‘arte, tutto mirava al maggior grado di apertura possibile dell ‘opera.
Così l ‘Op-art poneva attenzione alla percezione visiva intraprendendo una ricerca quasi scientifica sui meccanismi della visione e l ‘indeterminatezza dell ‘esperienza ottica; il gruppo GRAV realizza in tal senso numerosissime opere grazie all ‘impiego di tecnologie di estrema avanguardia per quegli anni.
L ‘arte cinetica e l ‘arte programmata oltre la percezione pongono l ‘accento sul movimento; sia quello del fruitore nell ‘ambiente dell ‘opera d ‘arte sia quello dell ‘opera artistica.
Il fruitore, ad esempio, potrà modificare con le proprie mani l ‘oggetto dell ‘artista, come nelle Strutture continue (1967) di Munari, anche gli happening o gli allestimenti del Gruppo T prevedranno il movimento delle persone all ‘interno dell ‘opera d ‘arte.
Alla base di queste creazioni vi è un attenta progettazione, si fornisce allo spettatore uno schema, una regola, un oggetto ed è nell ‘imprevedibilità di quelli che saranno i gesti ed i movimenti del fruitore che si fonda l ‘opera d ‘arte stessa. L ‘artista definisce le regole e lascia aperto l ‘esito formale della sua creazione. E ‘ così che l ‘Opera Aperta di Umberto Eco vede la sua concreta realizzazione ed è così che l ‘arte degli anni ’60 riesce a progettare l ‘aleatorio, inteso come l ‘aletorietà delle esigenze dei fruitori.
E ‘ pertanto evidente che Sacripanti non si fece sfuggire le preziose indicazioni di Eco e degli artisti a lui contemporanei e nell ‘ambito dell ‘architettura non mancherà nella progettazione di edifici che si inseriscono a pieno titolo nella ricerca architettonica, linguistica e sperimentale dell ‘epoca. Si tratta infatti del periodo delle grandi utopie, dello strutturalismo e delle megastrutture. L ‘enfasi della tecnologia, la ricerca della componente elementare nell ‘architettura fioriscono e definiscono le basi di quello che sarà un periodo decisamente importante per la toeria dell ‘architettura. Tutto ciò si inserisce nel periodo che vede il primato del disegno nell ‘architettura; il disegno dei progetti di Sacripanti che sanciscono lo stacco fra la fase di progettazione e quello di realizzazione, unica premessa per realizzare con successo un ‘Opera davvero Aperta, libera dall ‘esito formale, sempre indipendente dalla mano del progettista.
In questo contesto dunque è facile pensare ad architetti visionari come Yona Friedman ed il suo Manifeste de l ‘architecture mobile; non è un caso che proprio in questi giorni al MaXXI i disegni di Friedman siano accostati al plastico ed i quadri del Grattacielo Peugeot di Sacripanti. Ma se si pensa alla forza della struttura dell ‘Ospedale dei Silicotici, con echi megastrutturali, oppure si analizza l ‘affascinante Total Teatro di Cagliari e lo studio sul modulo elementare così simile ad opere di E. Mari o di Sol Levitt ci si rende conto che Sacripanti è a pieno titolo figura di primo piano di quella che fu la grande sperimentazione degli anni ’60 e non solo è riuscito a creare capolavori di architettura, ma ha avuto la capacità di plasmarla con un nuovo materiale: il tempo, il cosiddetto asse della T e come disse Pedio e ricorda Giancotti quando si tornerà a strudiare il tempo come fattore dell ‘architettura bisognerà guardare più a Sacripanti che non a Tatlin.
DATI PERSONALI:
Nome: Francesca Romana
Cognome: Forlini
Data e luogo di nascita: 09/07/1990
Professione: Architetto neolaureato (il 26/3/14)