Autore: Cristina Senatore
pubblicato il 28/02/2014
nella categoria racconti dall'inter-spazio di Cristina Senatore
Io: Giulia non ti torturare l 'ombelico!
G.: Mamma che cosa è l 'ombelico?
Io: Un nodo.
G.: Un nodo?!
Io: Si, un nodo.
G.: E chi lo ha fatto?
Io: Il dottore, quando sei nata.
G.: Quando ti hanno tagliato la pancia e io sono uscita e poi te l 'hanno ricucita?
Io: Si, quando sei nata.
G.: Perche il dottore ha fatto il nodo?
Io: Per staccarti da mamma. Quando eri piccola piccola, quasi invisibile, e stavi nella mia pancia io e te eravamo unite da un filo, una specie di tubicino, si chiama cordone ombelicale. Serviva a farti mangiare - perche eri troppo piccola per usare la bocca - e farti diventare abbastanza grande per nascere. Quando mamma mangiava, tu mangiavi e crescevi. Quando sei nata, il cordone non serviva più e il dottore lo ha tagliato e annodato per non farlo sciogliere.
[Giulia ha continuato per un pochino ad infilarsi il dito nell 'ombelico, ma più assorta]
"Non esiste nessun oggetto al mondo che sia isolabile. Paradigma Quantistico*
Il nostro corpo non è esso stesso da considerare come un ombelico annodato nel ventre del Tutto? Dello spazio più grande nel quale è immerso?
Non ricordo cosa stessi facendo o pensando quando tutta la mia attenzione si è concentrata su una sensazione che ha continuato a pulsare in fondo ai miei pensieri per qualche settimana, fino a questo momento nel quale scrivo: all 'improvviso mi sono sentita circondata dal mio corpo. Mi sono sentita dentro al corpo.
Io incarno il mio corpo, per fare esperienza dello SPAZIO. Il mio corpo stesso è il primo spazio, la prima porzione di spazio, che abito.
Il corpo è anche materia in grembo alla materia, oltre che spazio in grembo allo spazio. Lo spazio del mio corpo, ma anche ogni altro spazio, è perciò un nodo, un inciampo, un incidente nel fluire, nel trasformarsi continuo della materia (attraverso appunto la ri-formulazione imperterrita dello spazio).
Sicche quando anche il cordone ombelicale viene reciso la madre resta legata ai figli per il ventre, e sente i figli come essi fossero carne della sua carne che vive altrove fuori di se. Anche i figli sentono il legame con la madre. Così quello che abbiamo intorno a noi lo possiamo sentire per il ventre perche in quel Tutto noi siamo un ombelico, un nodo.
Il corpo è uno spazio che ci è dato, che dobbiamo conquistare da che vi nasciamo dentro instaurando con esso un rapporto, che talvolta resta per sempre conflittuale, ma è uno spazio, l 'unico, che è già nostro, senza il quale non siamo vivi. Tutti gli altri spazi ce li dobbiamo procurare da noi.
Abbiamo la capacità (e la naturale tendenza) a procacciarci lo spazio, la capacità di interferire con quello che ci scorre dentro, intorno e fuori. Siamo capaci ad "annodare" come noi stessi siamo stati annodati. Quando costruiamo fuori di noi conquistiamo nuovi spazio e materia che si aggiungono allo spazio e alla materia che già abbiamo, del nostro corpo. Continua in questo modo quel processo naturale per il quale nel grembo di nostra madre abbiamo cominciato a nutrirci per crescere. Attraverso lo spazio ci modifichiamo e ci espandiamo.
Questo processo avviene nello stesso modo sia che costruiamo (modelliamo) da noi lo spazio, sia che abitiamo quello costruito da altri. Ci espandiamo conquistando più materia e più spazio fuori del nostro corpo.
Altrettanto lo spazio che diventa prolungamento del nostro corpo si modifica al suo interno e non può restare lo stesso che era prima di noi, del nostro arrivo, della nostra presenza ed interferenza.
Il post è finito al punto precedente. Quelli che sono arrivati fin qui a leggere potrebbero fermarsi. Infatti avevo sollevato le dita dalla tastiera quando ripensando a questa storia che siamo come nodi nel ventre della materia e dello sPAzio e all 'emPAtia - la cosiddetta, per semplificare, capacità di sentire con la pancia - mi è salita alla bocca, e mi è venuta voglia di scriverla in greco, la parola PAN.
Mi sono accorta che scrivere l 'alfa minuscola è come fare un nodo.
Io che non credo nel caso non penso che segni, suoni, parole e fatti confluiscano in certe determinate direzioni per caso. Così per me non è un caso se il P greco" e l 'Alfa in maiuscolo si assomiglino (sono costituite entrambe da due distinte linee verticali unite da un elemento orizzontale) e che PA sia alla radice di PAN (da pas, pasa, pan: Tutto) e sia presente in Pathos, da cui viene appunto em-patia (> ev - PAthos)
Pathos viene dal greco Pasko= provo impressione, sentimento, sensazione. E sempre in greco antico "figlio" o "figlia" si traducono con PAis (-PAidos).
Il P (o la P) greco deriva da una lettera fenicia (la lettera Pe) che ha la forma di un uncino, quasi un amo che serve a prendere, e pare discenda da simboli che nelle forme di scrittura precedenti all 'alfabeto fenicio volessero dire bocca. Anche in ebraico ed aramaico le lettere corrispondenti alla P sono a forma di uncino.
"PA" è anche una radice ariana che significa nutrire, in sanscrito la radice "PA" ha il significato di pascere (si trova anche chi riporta che significasse bere). Pascere... Il dio Pan, munito di corna e piedi caprini, era un pastore, protettore degli armenti, amante della musica, patrono del riposo meridiano durante il quale si ritenesse fosse capace di infondere il timor panico. . E Gesù non definisce se stesso un PAstore?
Mi scivolano a questo punto nella memoria le parole lette nella Bibbia, dette da Gesù: Io sono il pane della vita (Giov.: 6, 48) ; Perche la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui (Giov.: 6, 55-56). Su queste parole si basa il sacramento più importante della dottrina cristina cattolica: l 'eucaristia, anche se la teofagia, la pratica di mangiare un animale o persino carne umana nella quale si crede incarnata la divinità è antichissima e comune a molte religioni pre-cristiane in tutte le parti del mondo.
Nella Bibbia il PAne è l 'elemento che diventa essenziale e si fonde e confonde con il corpo.
Poi è curioso che se il PAthos si oppone al Logos nel pensiero greco, nella Bibbia (Mt. 4,4) si trovi scritto: "Sta scritto: non di solo pane vivrà l'uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Non voglio però troppo allontanarmi dallo sPAzio. Riprendendo l 'idea che il corpo è uno sPAzio annodato nel ventre, nella PAncia, dello sPAzio più grande che lo contiene e che per questo siamo in grado di sentirlo per eN(M)-PAtia, come fosse nostra estensione, perche in seno ad esso siamo nati, quando in fondo ad esso siamo stati annodati, quando la nostra materia si è addensata come in un grumo, come un nodo, riscrivo:
sPAzio. PAncia.
sPAzio. Nel dizionario Treccani on line si legge che derivi "dal lat. spatium, forse der. di pat─ôre ┬½essere aperto┬╗", certo è che sPAo in greco significhi: tiro, estraggo, tiro fuori, tiro a me.
E in fondo i gesti di costruire e nutrirsi non sono accomunati dall 'atto di tirare a se? Tirare a se spazio nel primo caso e cibo nel secondo, al fine di ingrandirsi, di aumentare se stessi.
Se l'Architettura è spazio costruito quando costruiamo, espandendoci, formiamo quello spazio sul nostro modo di essere, lo imprimiamo della nostra impronta. Costruendo agiamo, modificandolo, nel ventre dello spazio nel quale anche tutti gli altri, insieme a noi, sono generati e perciò influiamo sull'esistenza degli altri.
Se abitiamo uno spazio costruito da altri aumentiamo noi stessi "conquistando" quello spazio, facendolo nostro. Così lo spazio ci assomiglia o finiamo per assomigliargli.
Si dovrebbe costruire e modellare lo spazio (anche nella scala più piccola degli oggetti) con una certa responsabilità visto che si agisce profondamente in seno agli equilibri universali.
*Prof. Emilio Del Giudice, è stato fisico, ricercatore dell 'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
fonti: