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Pritzker Prize 2013 dietro le quinte – di Zaira Magliozzi

Pritzker Prize 2013 dietro le quinte – di Zaira Magliozzi

Autore: Zaira Magliozzi
pubblicato il 19 Marzo 2013
nella categoria Corrispondenze... di Zaira Magliozzi, Focus su...

Che il Pritzker Prize a Toyo Ito sia il meritato riconoscimento di una carriera piena di successi è innegabile. Così come lo è stato per Richard Rogers, Jean Nouvel e Peter Zumthor. Tutti premiati per una lunga e luminosa carriera. Quando poi nel 2010 è toccato ai meritevoli ma sicuramente meno maturi SANAA, sembrava che il premio avesse cambiato rotta: non più solo nomi altisonanti del firmamento architettonico mondiale con alle spalle decenni di esperienza. Ma forse il motivo era un altro. Quell 'anno la vittoria era arrivata solo qualche settimana dopo la nomina di Kazuyo Sejima a curatrice della Biennale di Venezia. Casualità? La scelta di Wang Shu nel 2012 è stata infine la conferma che il Pritzker, oggi più che mai, risenta molto delle pressioni provenienti dall 'esterno. Pressoche sconosciuto ai più, è stato il primo cinese insignito di un tale riconoscimento. Proprio in un periodo in cui il peso della Cina, anche in architettura, iniziava a farsi sentire pesantemente.

Il Pritzker più che "onorare un architetto vivente il cui lavoro dimostra una combinazione di talento, visione e impegno, che ha prodotto un coerente e significativo contributo all 'umanità e all 'ambiente costruito attraverso l 'arte dell 'architettura" risulta essere, invece, fortemente influenzato da motivazioni politiche. Con Wang Shu si strizza l'occhio alla prima potenza mondiale riconoscendo, come imprescindibilmente determinante, il ruolo che la Cina gioca nelle dinamiche dell 'architettura internazionale. Così come con Zaha Hadid nel 2004 si cercava di sopperire al carattere eccessivamente maschile del premio e di dare un segnale positivo nei confronti della guerra in Iraq, Paese natale della Hadid. Senza nulla a togliere al loro lavoro, anche nel caso di Toyo Ito gli indizi ci portano alla stessa conclusione. Nel 2011 il disastro di Fukushima portava nelle pagine dei giornali di tutto il mondo l'immagine tramortita e disfatta di un Giappone in ginocchio, allo sbando sulla questione nucleare. Dopo due anni, nel padiglione giapponese della scorsa Biennale di Architettura di Venezia, il curatore Ito, sulla scia dell'esperienza Fukushima, decide di mettere in mostra decine di "Home-for-all", prototipi di abitazioni per le aree colpite da disastri naturali. Il Leone d'oro, prevedibilmente, arriva così come il Pritzker che ormai sembra indissolubilmente legato all 'Istituzione veneziana. Un premio dovuto. Se non altro per farsi perdonare di averlo conferito, tre anni prima, a Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, prima apprendisti e poi discepoli di Toyo Ito.