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Qualche idea (senza troppe illusioni) su un ‘architettura potenziale (3) o di Luigi Manzione

Qualche idea (senza troppe illusioni) su un ‘architettura potenziale (3) o di Luigi Manzione

Autore: Luigi Manzione
pubblicato il 22/01/2013
nella categoria Focus su...

La sfida non è forse quella del grado zero, a meno che non si riduca tutto al legittimo sospetto verso l 'eclettismo contemporaneo, e al tentativo di azzeramento di questo. Dalla parte di Roland Barthes, mi rivolgerei piuttosto a La morte dell 'autore e a Il piacere del testo. In una prospettiva meno ancorata all 'autore come possessore unico del senso, non sarebbe interessante ridisegnare il profilo di chi pensa/fa architettura come artefice di un 'opera intenzionalmente plurale e pubblica? Non come il geloso custode di una poetica o penso, per esempio, a Peter Zumthor o all 'Aldo Rossi di Autobiografia scientifica o ma come un soggetto che con-divide e co-inventa? Qui la differenza tra reinvenzione e ripetizione è essenziale.

Come scriveva Barthes, la forma bastarda della cultura di massa [ancor più nella versione globalizzata...] è la ripetizione vergognosa: si ripetono i contenuti, gli schemi ideologici, la cancellatura delle contraddizioni, ma si variano le forme superficiali: sempre libri, trasmissioni, film [e architetture] nuovi, attualità, ma sempre lo stesso senso. (Il piacere del testo, p. 41) Se oggi uno dei problemi di fondo è il falso pluralismo dell 'architettura dello spettacolo, occorre ripartire da zero non tanto sull 'orizzonte del linguaggio, quanto su quello del senso, del discorso. Con una presa di posizione politica prima ancora che linguistica. Meno (falsa) inclusione, più (autentica) contraddizione.

Non ho citato a caso Autobiografia scientifica. Qui, sulla ripetizione e implicitamente sulla poetica personale, Rossi scrive: La coazione a ripetere può essere una mancanza di speranza ma mi sembra ora che continuare a rifare la stessa cosa perche risulti diversa è più che un esercizio, è l 'unica libertà di trovare. (p. 69) Rossi si è dedicato interamente a questa impresa, in un 'epoca che sembra distante anni luce. Occorrerebbe trovare ora altre forme di libertà, riappropriarsi della speranza concreta dell 'architetura. Ma l 'anomalia attuale è che la ripetizione che satura gli schermi luminosi del web e le pagine patinate delle riviste di architettura è stata promossa da chi ha assunto o o riassunto, visto che Baudelaire ne è stato lontano precursore o il nuovo come paradigma assoluto.

├ê un nuovo però quasi tutto di superficie quello finora spacciato per contemporaneità. Il presente permanente, teorizzato da Paul Virilio, viene così declinato sempre di più come imposizione (producendo l 'obsolescenza istantanea e definitiva di tutto ciò che precede, salvo recuperi estemporanei in chiave essenzialmente d 'immagine) e come condanna (riabilitando un 'idea di moda, secondo Walter Benjamin, come novità obbligatoria). Non dovremmo cominciare a costruire strategie per liberarci anche di questa imposizione e di questa condanna?