Autore: Fiona Serrelli
pubblicato il 30 Gennaio 2013
nella categoria Parole
Alla nuova Fiera di Roma si arriva in treno, per raggiungerla è stata costruita una stazione nuova.
Si può anche arrivare in automobile ma ci si confonde nel dedalo di accessi ai parcheggi e sull 'autostrada c 'è sempre traffico.
La ferrovia, invece, consente un esperienza necessaria per comprendere la città guardandola dai suoi margini.
Il paesaggio della Portuense è lunare, acquatico, antico, prelude al mare, evoca ricordi di agro romano, propone brandelli di campi coltivati e pascoli aridi.
L 'edificio della nuova Fiera, sembra esservi stato posato sopra.
L 'area scelta è perfettamente adeguata per accogliere un tale spazio espositivo: è fuori dal caos urbano, raggiungibile facilmente dall 'aeroporto, con tanta superficie per capannoni e parcheggi. A rendere credibile l 'operazione è stato chiamato un solido architetto della tradizione romana per progettarlo e realizzarlo.
Il primo progetto dello Studio Valle per la Fiera di Roma, è accurato, non particolarmente innovativo ne sorprendente, ma espressione di una ben assimilata cultura edilizia pratica.
La realizzazione, invece, si è materializzata articolandosi intorno ad una passerella pedonale soprelevata di sei metri dal suolo che serve coppie di padiglioni, coperta da coil di acciaio inox specchianti. Un giorno, forse, a completare il progetto arriverà il Centro Direzionale, che nelle intenzioni originarie, è l 'emblema che simboleggerà la Fiera, coperto da una pelle di acciaio e cristallo, posto all 'incrocio delle direttici pedonali.
La maglia compositiva appare geometricamente ferrea, come se questa rigidità fosse il presupposto per raggiungere gli obiettivi che la committenza aveva richiesto:
riconoscibilità dell 'intervento, basso impatto ambientale, flessibilità di utilizzo, economia di realizzazione e gestione.
A soli sei anni dalla sua inaugurazione, la rigidità compositiva ha in qualche modo sclerotizzato il complesso, su tutto sembra aver prevalso l 'economia di realizzazione e gestione, producendo una raccolta di pezzi strutturali, prefabbricati, ognuno scollegato dall 'altro che generano sensazioni contrastanti, dove l 'architettura, intesa nelle categorie vitruviane sembra non esserci.
La sensazione è che il sito, ora, sia una landa brulla e pianeggiante solcata ossessivamente da arterie asfaltate che girano ad anello, sicuramente non ci sono interferenze tra il traffico veicolare e quello pedonale, ma perche avrebbe dovuto crearsi questa commistione, che non è presente in alcun edificio fieristico?
Riguardo l 'utilitas, appare difficile rilevare una funzione, spesso la gestione ha proposto esposizioni che hanno prevalenza locale.
La venustas, la bellezza, sembra essere stata accantonata, per fretta, per mancanza di fondi, forse non era negli accordi che la cura del particolare e del dettaglio sono le reali espressioni dell 'architettura e che quando non ci sono si parla di manufatto.
Ma ciò che colpisce di più, ha a che fare con la firmitas, bandiera del progetto; se è vero, come riportato nell 'agosto scorso, anche dal Corriere della Sera, che oggi, il complesso affonda letteralmente in un terreno subsidente, ossia, che lentamente ma progressivamente si abbassa.
Nel lunare paesaggio dell 'agro romano, c 'è, infatti, questo inconveniente, un tempo Ponte Galeria ospitava paludi, nel sottosuolo c 'è acqua, ci sono porti e città antiche.
Il rigido, aereo, meccanizzato e funzionale percorso pedonale, che serve contenitori sovradimensionati rispetto all 'affettiva fruizione, è coperto da nastri metallici che riflettono i colori scuri del pavimento evocando sensazioni da tangenziale est allo Scalo San Lorenzo.
Roma vuole andare verso il mare, è stato consumato tutto il suolo all 'interno?
Occorrerebbe riflettere sulla visione strategica che ha portato alla scelta localizzativa e dimensionale della Nuova Fiera di Roma, sulla necessità che un 'area così rilevante dal punto di vista paesaggistico dovesse essere intaccata, a fronte del fatto che Roma, al suo interno, conserva tutt 'ora ruderi di archeologia industriale, caserme dismesse, spazi di risulta, degradati, che dovrebbero essere rifunzionalizzati, magari a padiglioni fieristici, e che, ritornati a nuova vita, inevitabilmente stimolerebbero la rinascita dei quartieri e delle zone in cui insistono.
Forse la scelta è stata facilitata dal fatto che questo luogo, non più campagna e non ancora periferia, si è lasciato consumare indifeso, attaccato da ragioni politiche, finanziarie figlie di una visione strategica degli anni ottanta che ha cementificato, con oggetti disparati, tutta l 'area della Via Portuense.
Con le stesse ragioni anche l 'architettura sembra messa in secondo piano laddove, invece, avrebbe potuto e dovuto esprimersi nelle sue migliori forme, le più accattivanti, forse non le più moderne, in quanto, quest 'area doveva essere la vetrina commerciale della Capitale.
Nonostante il treno, alla Nuova Fiera, sembra che Roma non arrivi e sicuramente con fatica ci arrivano i romani.