Autore: Roberto Sommatino
pubblicato il 26 Gennaio 2013
nella categoria Focus su..., Ragionamenti di Roberto Sommatino
La dichiarazione di intenti di Koolhaas per la prossima Biennale di Venezia sembra molto promettente.
Credo che i termini "retrospettiva" e "identità nazionali" non debbano insospettire o spaventare nessuno, se non gli stessi reazionari: non c'è nulla di conservativo nel loro impiego, al contrario. Koolhaas dichiara apertamente di voler dimostrare come la globalizzazione non abbia portato ad un vero appiattimento estetico, ma che abbia avuto in se stessa gli anticorpi per scongiurare questo rischio, conservando spontaneamente interessanti e fertili identità locali (impropriamente ma forse un po' furbescamente definite nazionali).
Se poi avesse usato il termine indigenizzazione sarebbe stato ancora più chiaro il quadro sociologico di riferimento. Non certo quello delle teorie no-global che vagheggiano un protezionismo culturale, ma quello che considera la globalizzazione un processo fertile in cui le culture e le specificità muoiono ma anche rinascono sotto forme inaspettate, e di cui trattammo in questo pezzo per presstletter:
https://presstletter.com/2012/06/modernita-sostantivo-plurale-di-roberto-sommatino/
Se Koolhaas suggerisce poi che il modo migliore per riconoscere queste identità oggi sia quello di riprenderne i fili del processo che le ha generate, facendo certo un ampio passo indietro, evidentemente si tratta di un retrocedere affatto nostalgico, che servirà solo (con buona pace del grande Andrea Pazienza) a prendere la giusta rincorsa per far compiere all'architettura contemporanea il necessario salto di consapevolezza.