Autore: Zaira Magliozzi
pubblicato il 5 Giugno 2012
nella categoria Corrispondenze... di Zaira Magliozzi, Parole
Arrivano le prime immagini del Serpentine Gallery Pavilion numero dodici e non sono rassicuranti. Il trio Herzog, de Meuron e Ai Weiwei, dopo il clamore provocato dallo stadio cinese, il Bird 's nest, optano per una soluzione sottomessa, con poca verve e scarso appeal. Un grande buco circolare rivestito in sughero a ricordare uno scavo archeologico, undici colonne in memoria dei precedenti padiglioni più una a rappresentare quello corrente, una piattaforma sospesa a più di un metro da terra a fare da specchio d 'acqua. Elementi apparentemente sconnessi e senza carattere. Ma se c 'è un aspetto stimolante nell 'operazione Serpentine è sempre stato quello della temporaneità combinata con un livello architettonico altamente qualitativo e una forte dose di libertà. Una rarità nel campo delle strutture temporanee. E per questo un merito, visto che spesso, queste architetture in miniatura, meglio delle sorelle maggiori, sanno raccontare la storia, il processo creativo e la ricerca di chi le ha concepite. Cosa succede, quindi, se si rinuncia a tutto questo preferendo uno sguardo al passato attraverso i fantasmi delle precedenti strutture? Succede che si rischia il tonfo o peggio il buco nell 'acqua cadendo nell 'indifferenza generale. Che senso ha riportare alla luce le tracce dei vecchi padiglioni se la loro ragione di esistere era la temporaneità? A chi interessa quell 'accozzaglia di segni, forme e scarti tra l 'altro frutto di una ricostruzione arbitraria? Forse, un motivo per cui quelle tracce erano state rimosse c 'era, e non andava sottovalutato.
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