Autore: lastorialpp
pubblicato il 8 Giugno 2011
nella categoria La Storia di LPP, La Storia di LPP: 1905-1918
Parte 2: 1905-1918 – Capitolo 1: Avanguardie:
1.1 L ‘accelerazione tecnica e scientifica
Gli anni che vanno dal 1905 al 1914 sono di rapida accelerazione in tutti i campi. Nel 1905 il ventiseienne Albert Einstein propone la prima formulazione della relatività ristretta, la più importante rivoluzione della scienza moderna. Sempre nel 1905 espongono a Parigi le belve, da cui appunto il nome Fauves, pittori che utilizzano colori puri, al di fuori di ogni canone accademico. Nello stesso anno è fondato a Dresda il Die Br├╝cke (Il ponte), un movimento che, sulla scia dell ‘insegnamento di Van Gogh e Munch, introduce tensioni espressionistiche. Nel 1909 Filippo Tommaso Marinetti pubblica su Le Figaro il Primo Manifesto del Futurismo.
A Einstein
Esalta il vitalismo, la modernità tecnologica contro il passatismo borghese. Celebra le nuove invenzioni, prima tra tutte l ‘automobile, più bella della Nike di Samotracia e ormai disponibile sul mercato di massa a prezzi contenuti, se pensiamo che nel 1908 Henry Ford lancia sul mercato il Modello T. I futuristi presto celebreranno un nuovo veicolo, l ‘aeroplano, il cui primo volo, pilotato dai fratelli Wilbur e Orville Wright, è del 1903 e la cui capacità bellica si intuisce nel 1909, anno del primo bombardamento aereo.
L ‘architettura è in subbuglio. Metabolizza invenzioni tecnologiche capaci di metterne in crisi i princip├«: le strutture leggere in ferro e in cemento armato, l ‘ascensore, l ‘elettricità, il condizionamento, il telefono. Nel 1879 compare la prima lampadina elettrica, nel 1910 la lampada al neon, nel 1900 l ‘ascensore Otis a marciapiede mobile, nel 1902 una macchina per il condizionamento artificiale degli edifici, poi brevettata nel 1906.
In questi anni tutto sembra entrare in crisi. Prime tra tutte le teorie scientifiche. ├ê però la teoria della relatività che diventa quasi un ‘ossessione per artisti poeti, scrittori e architetti. Della relatività colpiscono soprattutto i paradossi. Tra questi: il tempo che trascorre diversamente se visto da due sistemi di riferimento, le misure che si accorciano, la materia che si trasforma in energia. Colpiscono perche contestano tradizionali punti di vista, fondati su una concezione di spazio e di tempo assoluti, introducendo anche una dimensione spiritualista, irrazionale e mistica, estranea al pensiero dello scienziato.
Prova ne sia che, in questi anni, ritornando alla ribalta, godono di grande fortuna le disquisizioni sulla quarta dimensione. Tra fine ottocento e i primi del novecento, Marcel Proust, F├½dor Dostoevskij, Oscar Wilde, Gertrude Stein la citano. Jouffret scrive nel 1903 un trattato elementare di geometria a quattro dimensioni. Vladimir Lenin in Materialismo e empiriocriticismo (1908) la definisce un ‘ipotesi, cervellotica, ma scientificamente credibile. Sarà con il fisico tedesco Hermann Minkowski nel 1908 e poi nel 1909 con P.D. Ouspenskij, che teoria della relatività e quarta dimensione s ‘incontrano ufficialmente. Minkowski proclama la compenetrazione di spazio e tempo.
I pittori cubisti vedono la nuova sintesi come un mezzo per affrancarsi dalla banalità dello spazio empirico e senza la quarta dimensione e la relatività è impossibile comprendere numerosi architetti del Movimento Moderno quali Theo Van Doesburg o lavori critici quali Spazio, tempo e architettura di Sigfried Giedion.
Einstein si mostrò più volte sorpreso, se non contrariato, da così azzardati accostamenti.Vi e’, tuttavia, nella teoria della relatività un ‘istanza spaziale nuova che Jose Ortega y Gasset, all ‘inizio del secolo, coglie perfettamente sviluppando la sua filosofia prospettivista. E che Stephen Kern, in un saggio del 1983 dal titolo Spazio e tempo, riassume così: La dilatazione del tempo era soltanto un effetto prospettico, creato dal moto relativo tra un osservatore e la cosa osservata. Non c ‘era alcun cambiamento inerente alla realtà di un oggetto, ma soltanto una conseguenza dell ‘atto di misurazione.
Osservata da questo punto di vista, la rivoluzione einsteiniana è una teoria dello sguardo: moltiplica i punti di vista, fondando sulla sincronicità del vedere il suo progetto. Produce una prospettiva quadridimensionale, un ‘anamorfosi, per così dire, spaziotemporale. E, in quanto teoria dello sguardo e della deformazione, non poteva non appassionare gli artisti di un ‘epoca portata quasi naturalmente all ‘invenzione e alla ribellione. Pare dimostrare che finalmente due più due non fa quattro, che una misura non è mai assoluta e che l ‘innovazione si può ottenere solo a condizione di inventare nuove forme di organizzazione del reale, fidandosi del proprio sistema di convinzioni piuttosto che del credo dominante. Einstein si tramuta in James Joyce o in William Faulkner e anche in Pablo Picasso, Le Corbusier e Theo Van Doesburg: ci torneremo.
Inutile dire che un approccio simile corre il rischio di stravolgere senso e significato della sintesi einsteiniana, orientando a volte la ricerca artistica e architettonica verso un soggettivismo, un agnosticismo e un misticismo che, come abbiamo visto, non potevano non imbarazzare lo scienziato. Il quale, invece, era fortemente monista: un Parmenide a quattro dimensioni, secondo l ‘acuta definizione di Paul Feyerabend. Tuttavia, è certo che poche teorie come la relatività o, meglio, la sua vulgata, hanno formato lo spirito di un ‘epoca, fornendo innumerevoli, a volte geniali, a volte avventate, ipotesi operative. Trasformando la pluralità dello sguardo in un ‘ipotesi di ricerca d ‘avanguardia che ha guidato tutto il novecento.